CRONOLOGIA DELLA BIBBIA

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CRONOLOGIA DELLA BIBBIA

Dai Patriarchi alla Chiesa Cristiana )
 

 Epoca dei patriarchi

XVIII sec.     Prima ondata di migrazione in Canaan (Amorrei)

XV sec           Seconda ondata di migrazione (Aramei)

XIV sec.        Il « clan di Giacobbe » in Egitto

 Formazione della nazione d'Israele

1260 ca.         Esodo del gruppo disceso in Egitto (Mosè)

1225 ca.         Ritorno del gruppo in Canaan

XII sec.          Formazione della confederazione delle dodici tribù: Epoca dei Giudici

1050 ca.         Gli Israeliti oppressi dai Filistei

 Origini della monarchia israelita

1040 ca.         Saul, primo re d'Israele

1010 ca.         Morte di Saul. David re di Giuda

1003 ca.         David re di Giuda e d'Israele

1000 ca.         Occupazione di Gerusalemme che diviene capitale dello stato

1000-972      Regno di David: formazione di un piccolo impero

972-932         Regno di Salomone; apogeo culturale d'Israele

 I due regni rivali

932              Morte di Salomone: scisma politico e reli­gioso

                     Giuda                                                           Israele

880 ca.        Fondazione di Samaria, capitale d'Israele

841             Interregno di Atalia                                     Rivoluzione di Ieu

780-40 ca.                                                                        Apogeo d'Israele

722-21                                                                              Samaria occupata dagli Assiri

701                 Gerusalemme assediata da Sennacherib

700-640         Apogeo dell'impero assiro

622                 In Giudea: tentativo di riforma da parte di Giosia

598                 Primo assedio di Gerusalemme deportazione del re Ioiachin

587                 Distruzione di Gerusalemme e del Tempio: inizio della «dispersione» giudaica.

 Epoca dell'impero persiano

539                 Babilonia occupata da Ciro

538                 Editto liberatore di Ciro: ritorno dei primi «esiliati»

520-15           Ricostruzione del Tempio di Gerusalemme

445-43           Ricostruzione delle mura di Gerusalemme (Neemia). La Giudea prefettura indipen­dente

398                 Probabile data della missione di Esdra: fissazione della Legge giudaica

 Epoca ellenistica

333-23           Conquiste di Alessandro

323                 La Giudea sotto il dominio dell'Egitto

300 ca.           Fondazione di una colonia giudaica ad Ales­sandria

197                 La Giudea passa sotto il dominio della Siria

168                 Ellenizzazione forzata di Gerusalemme da parte di Antioco IV Epifane - Persecuzio­ne - Rivolta dei Maccabei

164                 Ripresa di Gerusalemme e inizio dell'indi­pendenza

152                 Gli Asmonei, sommi sacerdoti - Formazione dei partiti religiosi: Sadducei, Farisei, Es­seni

104                 Il sommo sacerdote prende il titolo di re

 Epoca romana

63                   Pompeo a Gerusalemme

37-4               Erode il Grande, re di Giudea

6 d.C. Inizio della serie dei prefetti romani in Giu­dea

67-70                         Rivolta dei Giudei e distruzione di Gerusa­lemme

dopo il 72      Riorganizzazione del Giudaismo

132-135         Seconda rivolta giudaica: la Giudea è an­nessa alla «Palestina»

 Gesù di Nazaret

6a.C. ca.         Nascita di Gesù

4a.C.-39 d.C.  Erode Antipa tetrarca di Galilea

26-36                         Ponzio Pilato prefetto di Giudea

28 ca.                         Inizio della predicazione di Gesù

Pasqua 30      Processo e morte di Gesù

 Origini della Chiesa cristiana

Pentecoste 30 Inizio della predicazione cristiana

33-35 ca.       Conversione di Saulo di Tarso ( = Paolo)

49-58              Viaggi missionari di Paolo. Fondazione di chiese su tutte le sponde del Mediterraneo

64                   Incendio di Roma e persecuzione di Nerone fra il 64 e il 67 Morte di Pietro e di Paolo a Roma

70               Distruzione di Gerusalemme e successiva riorganizzazione del Giudaismo fra l'80 e il 95 Il Giudaismo scomunica i cristiani

95                   Persecuzione di Domiziano

110                 Rescritto di Traiano a Plinio il Giovane sul­la condotta da tenersi verso i cristiani

 

IL LIBRO DELLA NUOVA ALLEANZA

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Introduzione....................................................................................................................................... 1

La letteratura « funzionale » della Chiesa primitiva................................................................. 2

La Chiesa, comunità di fede originale.......................................................................................... 2

L'approccio critico dei testi.......................................................................................................... 2

I libri del Nuovo Testamento............................................................................................................ 3

I primi tre Vangeli............................................................................................................................ 4

Dal Vangelo orale alle raccolte scritte......................................................................................... 4

N. 1. Vangelo secondo S. Marco —............................................................................................. 5

N. 2. Vangelo secondo S. Matteo –.............................................................................................. 5

L'opera di Luca............................................................................................................................ 6

N. 3. Vangelo secondo S. Luca —............................................................................................... 6

N. 4. Gli Atti di apostoli............................................................................................................... 6

Il « Corpus » delle lettere di S. Paolo......................................................................................... 6

Lo scopo delle lettere.................................................................................................................... 6

Quadro storico e tavola cronologica:............................................................................................... 7

N 5-6. Due lettere ai Tessalonicesi —.......................................................................................... 7

N 7-8.  Due lettere ai Corinzi –.................................................................................................... 7

N. 9. Lettera ai Filippesi –........................................................................................................... 7

N. 10. Lettera ai Galati —............................................................................................................ 7

N. 11. Lettera ai Romani –........................................................................................................... 8

Le « lettere della Prigionia »........................................................................................................ 8

N. 12. Lettera ai Colossesi —...................................................................................................... 8

N. 13. Lettera a Filemone —........................................................................................................ 8

N. 14. Lettera agli Efesini –......................................................................................................... 8

Le « lettere pastorali ».................................................................................................................. 8

Le altre lettere............................................................................................................................ 9

N. 18. Lettera agli Ebrei –........................................................................................................... 9

N. 19. La lettera di Giacomo —.................................................................................................. 9

N. 20. Lettera di Giuda –............................................................................................................. 9

N. 21. Prima lettera di Pietro –.................................................................................................... 9

N. 22. Seconda lettera di Pietro –.............................................................................................. 10

Gli scritti « giovannei »............................................................................................................... 10

N. 23. Il quarto Vangelo —....................................................................................................... 10

Nn 24-26. Lettere di Giovanni —............................................................................................... 11

N. 27. Apocalisse di Giovanni –................................................................................................ 11

 

Introduzione

 

La Chiesa cristiana ha ripreso per suo conto la raccolta dei diversi libri, vedendovi sempre una preparazione, un abbozzo, una testimonianza anticipata su Gesù nel quale riconosce il Messia d'Israele. Dal suo punto di vista, è per mezzo di lui che la Nuova Alleanza, definitiva ed eterna, è stata sigillata fra Dio e gli uomini. Da qui la denominazione di Nuovo Testamento che successivamente è stata data alla raccolta dei suoi testi fondamentali.

 

La letteratura « funzionale » della Chiesa primitiva

 

La Chiesa, comunità di fede originale

La Chiesa cristiana in seno al Giudaismo — La Chiesa, nata in seno al Giudaismo, si definisce da se stessa come la comunità di coloro che credono al Vangelo, cioè alla « Buona Novella » di Gesù, Messia e Figlio di Dio, «morto per i nostri peccati e risorto in vista della nostra giustificazione » (s. Paolo). Senza rinnegare la fede giudaica, essa l'ha quindi trasformata. I suoi membri si mantengono fedeli alle pratiche religiose del Giudaismo e alle riunioni sinagogali ogni sabato. Ma tengono anche riunioni private « nelle loro case », specialmente il giorno dopo il sabato che per essi è il « Giorno del Signore » (la domenica). Guidati dai discepoli diretti di Gesù, poi dai missionari formati e inviati da essi, pregano insieme; ascoltano le istruzioni fondate sulle parole di Gesù e il racconto delle sue gesta; celebrano la « cena del Signore », che rinnova l'ultima consumata con i suoi prima della morte; praticano fra loro un aiuto reciproco fraterno. È in queste « riunioni ecclesiali » che nascono i testi che rifletteranno le loro tradizioni particolari. Esternamente rassomigliano un po' alle riunioni di pie confraternite esistenti nei partiti giudaici (esseno e farisaico). Ma il movimento cristiano possiede già una struttura originale al centro della quale si trovano, da una parte, i predicatori ambulanti (apostoli, profeti e dottori, tutti « servi della Parola ») e, dall'altra, i consigli locali di Anziani, responsabili delle comunità (i « presbiteri »).

 

La Chiesa ai confini di due mondi — La diffusione della Chiesa e la fondazione delle sue comunità locali negli ambienti non giudaici la pone quindi ai confini di due mondi, giudaico e pagano, di due culture, giudaica e greca. Trasferisce nei suoi gruppi locali, da una parte, le sue proprie tradizioni in fatto di dottrina e di pratiche, e, dall'altra, i libri santi del Giudaismo che essa reinterpreta in funzione della sua fede in Gesù, ed anche il calendario giudaico del quale ha spostato il «giorno santo » (la domenica in luogo del sabato). Le sue comunità non sono più nazionali, come nel Giudaismo: sono aperte a chi vuol « credere in Gesù Cristo ». Le loro strutture locali si sviluppano adottando titoli nuovi: presidenti delle comunità, pastori, dirigenti, episcopi o « sorveglianti » (da cui è derivata la parola « vescovo »). La letteratura che vi nasce per rispondere alle necessità pratiche dell'evangelizzazione, della vita di gruppo e delle riunioni settimanali, proviene da tutti questi responsabili. Conserva come base principale le tradizioni venute dagli « apostoli » (inviati diretti del Cristo risorto), ma si sviluppa prendendo in prestito materiali della Bibbia giudaica - ebraica o greca — e selezionando tutti i mezzi d'espressione che possono esserle utili negli ambienti della cultura greca.

 

L'approccio critico dei testi

I primi testi cristiani, a differenza della Bibbia ebraica, sono stati scritti in un periodo di tempo abbastanza breve: dagli anni 30, come testi orali, al primo quarto del II secolo. Esigono però l'identico studio critico come per quelli dell'Antico Testamento affinché ogni libro, ed ogni materiale raccolto nei libri, siano situati con esattezza nello spazio e nel tempo, in seno alla vita delle chiese. Dietro ai libri, che costituiscono delle brevi sintesi, si possono individuare infatti forme letterarie elementari che fanno conoscere la predicazione, la liturgia, la lettura delle Scritture, regole di vita impartite ai fedeli, alcune formule di preghiera ed anche parzialmente la struttura delle chiese, così come esistevano al tempo degli apostoli e dei loro discepoli immediati. Per ciascun libro, mai si dovrà dimenticare che gli stessi sono stati scritti in seno ad una tradizione viva che li nutriva e li sosteneva, occupando una posizione abbastanza particolare nella « piccola letteratura » dell'antichità, un'antichità rigurgitante di correnti religiose. Ma la Chiesa cristiana non apparteneva né al Giudaismo, dal quale si era distaccata, né alle « religioni orientali » che sviluppavano liberamente le loro mitologie in funzione dei riti tramandati dalla Siria, dalla Grecia, dall'Egitto, dalla Persia, ecc.

I libri del Nuovo Testamento

 

Nel corso del II secolo fu stabilita la lista ufficiale dei libri che godevano di autorità nelle chiese perché rappresentavano autenticamente la « tradizione apostolica ». L'urgenza si fece sentire a partire dal momento nel quale alcune sottoposero sotto il patrocinio degli « apostoli » una letteratura propagandistica deviante nei confronti di questa tradizione, sia in certi gruppi giudeo-cristiani di tipo « reazionario », sia nella corrente religiosa dello Gnosticismo ove elementi evangelici si vedevano confusi con antichi miti religiosi venuti dall'Oriente. Il « Canone » (o « regola » di fede) rappresentò allora, per le chiese, la tradizione venuta dagli apostoli e i libri che la rappresentavano. Già venivano scambiati da una chiesa all'altra, raggruppati, letti nelle riunioni settimanali. La fissazione della loro lista ufficiale comportò solo esitazioni minori per alcuni libri meno importanti. Quanto alla classificazione, avvenne in funzione di considerazioni logiche che, poco a poco, introdussero nell'uso criteri letterari di origine greca.

Ecco il risultato finale di questa classificazione:

  1. I Vangeli.
  2. Un libro storico: gli « Atti di apostoli » (ordinariamente si dice: gli Atti degli apostoli), dovuti all'autore del terzo Vangelo.
  3. Lettere (o epistole):

1)  14 sotto il nome o sotto il patrocinio di Paolo di Tarso, classificate nelle Bibbie in tre gruppi:

—  Lettere a chiese, in ordine di lunghezza decrescente: ai Romani, ai Corinzi (2), ai Galati, agli fesini, ai Filippesi, ai Colossesi, ai Tessalonicesi (2).

—  Lettere a singoli individui: a Timoteo, discepolo di Paolo (2), a Tito, altro discepolo di Paolo, a Filemone.

—   Epistola agli Ebrei, di autore sconosciuto, ma agganciata al gruppo (o Corpus) delle epistole di Paolo.

 

2) 7 epistole denominate « cattoliche » (cioè indirizzate all'insieme delle chiese), poste sotto il patrocinio di autori apostolici: Giacomo (1), Pietro (2), Giovanni (3), Giuda (1).

  1. Un libro profetico: l'Apocalisse di Giovanni.

Questa classificazione è però assai difettosa.

Non tiene infatti  in alcun conto la rispettiva data dei libri. Dissocia opere apparentate: il Vangelo di Luca e gli Atti di Apostoli; il Vangelo di Giovanni, tre sue epistole e l'Apocalisse, che, come minimo, provengono dalla stessa « scuola » giovannea. Collega arbitrariamente la « lettera agli Ebrei » a quelle di Paolo. Mette da parte i problemi critici a proposito degli autori di alcuni libri. Rischia d'introdurre i quattro libretti evangelici nella categoria dei libri semplicemente « storici », misconoscendo la natura stessa del Vangelo. Non fa emergere lo stretto rapporto esistente fra i primi tre Vangeli, denominati abitualmente « sinottici » perché il loro schema sembra simile e lo stretto parallelismo del loro materiale spesso permette di tenerli presenti « in un sol colpo d'occhio ».

Per le lettere di S. Paolo non tiene affatto conto della successione cronologica che segna le tappe della sua attività missionaria.

Così la lettura del NT non è affatto facilitata.

È per questo che seguiremo qui un ordine differente che raggruppa testi affini tenendo conto delle loro date certe o probabili:

  1.      I primi tre evangelisti
  2. Vangelo secondo S. Marco (= Mc).
  3. Vangelo secondo S. Matteo (= Mt).

- Opera di Luca, in due volumi:

  1. Vangelo secondo S. Luca (= Lc).
  2. Libro degli « Atti di apostoli » (= At).
  3. Corpus (= complesso) delle lettere di S. Paolo

5-6. Ai Tessalonicesi (2) (= 1 Ts e 2 Ts).

7-8. Ai Corinzi (2) (= 1 Cor e 2 Cor).

  1. Ai Filippesi (= Fil).
  2. Ai Galati (= Gal).

Ai Romani (= Rm)

 

—               Lettere della Prigionia:

  1. Ai Colossesi (= Col).
  2. A Filemone (= Fm).
  3. Agli Efesini (= Ef).

—               Lettere pastorali:

  1. A Tito (= Tt).

16-17. A Timoteo (2) (= 1 Tm e 2 Tm).

III. Le altre lettere (eccetto quelle di Giovanni)

  1. Epistola agli Ebrei (= Eb).
  2. Lettera di Giacomo (= Gc).
  3. Lettera di Giuda (= Gd).

21-22. Lettere di Pietro (2) (= 1 Pt e 2 Pt).

VI. Gli scritti « giovannei »

23. Vangelo secondo S. Giovanni (= Gv).

24-26. Tre lettere di Giovanni (= 1 Gv, 2 Gv e 3 Gv).

27. Apocalisse di Giovanni (= Ap).

Dobbiamo ora presentare ciascun libro.

 

I primi tre Vangeli

 

 Dal Vangelo orale alle raccolte scritte

L'annuncio della Buona Novella, o Vangelo, non è soltanto un richiamo alla storia di Gesù. Comporta sempre una triplice dimensione: 1) un riferimento alla persona di Gesù, a ciò che egli ha detto e fatto, perché la salvezza è stata donata da Dio agli uomini in questo « fatto » essenziale della storia; 2) un riferimento alla attualità cristiana, alla vita della Chiesa, all'esperienza della salvezza ottenuta grazie allo Spirito di Dio; 3) un riferimento alle Scritture che permette d'interpretare il « fatto » di Gesù e di comprendere il significato della vita della Chiesa.

Questi tre « aspetti » sono presenti, in un modo più o meno esplicito, in tutti i testi evangelici.

Questi comprendono normalmente due categorie:

1) la trasmissione delle parole di Gesù, memorizzate e riferite da testimoni oculari, reinterpretate alla luce della sua risurrezione e messe in forma per rispondere alle necessità pratiche dell'insegnamento in seno alle chiese:

2) i racconti che richiamano i suoi atti e il suo destino finale, composti per farne comprendere il significato piuttosto che per ricordare i dettagli esatti del loro sviluppo. Questi rilievi fanno già capire quello che dobbiamo ricercare nei libretti evangelici. L'analisi di questi due tipi di testi può essere sospinta più oltre, poiché vi si riconoscono generi letterari assai diversi a seconda delle loro varie funzioni. a) Gesù si è rivolto alle folle o ai suoi discepoli riprendendo a volte i generi in uso presso i profeti (invettive, annunci di sciagure, oracoli di giudizio, promesse di salvezza), altre volte quelli dei maestri di sapienza (sentenze, proverbi, parabole, istruzioni pratiche), oppure quelli degli autori apocalittici, più raramente quelli dei giuristi, atti a discutere su problemi di diritto (controversie con i farisei e i dottori giudei). b) Egualmente, i racconti costruiti per evocare le sue gesta si sono adattati a schemi preesistenti: racconti di miracoli, di controversie culminanti in una espressione che fa testo, racconti di visioni (poco numerosi), racconti a scopo liturgico (ultima cena di Gesù), racconto della Passione (influenzato dai testi biblici che parlavano del « giusto » sofferente), racconti d'apparizione del Cristo risorto, ecc. È sempre utile individuare i loro generi letterari per comprenderne l'esatto significato.

Fin dallo stadio della predicazione orale, parole e racconti sono stati raggruppati in maniere diverse: a volte con gruppi apparentati (serie di miracoli, di controversie, di parabole, di istruzioni morali o pratiche), a volte per mezzo di riferimenti geografici, più raramente con una preoccupazione cronologica. Questi gruppi di materiali finalmente sono stati raccolti e messi in iscritto come promemoria per i predicatori del Vangelo. Il loro insieme si è inserito in un piano generale del quale possiamo formarcene un'idea dai discorsi degli « Atti di apostoli »: dopo il battesimo di Gesù da parte del Battista, la predicazione in Galilea, poi il viaggio verso Gerusalemme, e, finalmente, il processo e la morte, seguiti dalle apparizioni di Gesù risorto agli apostoli e a qualche altro testimone. Questo schema ha finito con l'imporsi, con varianti di dettaglio, agli autori dei tre Vangeli sinottici che largamente hanno attinto alla documentazione già esistente.

 

I libretti del Vangelo

N. 1. Vangelo secondo S. Marco —

Si deve a Giovanni-Marco, discepolo di Pietro e compagno occasionale di Paolo, la prima sintesi, la sola intitolata esplicitamente Vangelo. Il piano generale è stilato su quello degli Atti di apostoli (cfr. At 10,37-43 e 13,26-39). Il materiale spesso viene riprodotto allo stato grezzo, senza preoccupazione letteraria e in un greco assai rugoso. Vi si riscontra una minore quantità di discorsi rispetto a Matteo e a Luca. I racconti a volte sono assai schematici, molti però si sviluppano in maniera pittoresca con dettagli presi dal vivo: eco probabilmente immediata della predicazione di un testimone oculare. Nondimeno, dallo stesso schema e dalla scelta del materiale, Marco fa trasparire già una preoccupazione « teologica »: una prima parte del racconto fa capo all'atto di fede di Pietro che dice a Gesù: « Tu sei il Messia » (Mc 8,29); una seconda parte culmina nella riflessione del centurione romano ai piedi della croce ove Gesù è spirato: « Veramente quest'uomo era Figlio di Dio » (Mc 15,39). La tradizione antica ha conservato due informazioni a proposito della data del libretto: poco prima o poco dopo la morte di Pietro, a Roma, durante la persecuzione di Nerone (65). Nessun indizio interno impone una data posteriore al 70 (distruzione di Gerusalemme).

 

N. 2. Vangelo secondo S. Matteo –

Matteo, uno dei dodici apostoli di Gesù, avrebbe composto per primo una raccolta evangelica in lingua ebraica o aramaica per cristiani di origine giudaica: il suo testo è stato smarrito. Un filo sotterraneo lo ricollega al Vangelo attuale, scritto in un greco corretto, per una comunità di origine giudaica ma con spirito largamente aperto agli individui di ogni nazione. Il redattore finale è uno scriba cristiano attento a presentare un insegnamento assai chiaro. Probabilmente ha utilizzato Marco e certamente altre fonti scritte e orali. Sintetizzando spesso le narrazioni, raccoglie molte parole di Gesù e le organizza in discorsi elaborati che presentano tutto un programma di vita cristiana (Mt 5-7; 10; 13; 18; 24-25). Si serve di alcune tradizioni sull'infanzia di Gesù per presentare in forma immaginosa il mistero della sua persona (Mt 1-2). Il libretto può essere stato pubblicato negli anni 80, ma l'autore sa rispettare l'antico materiale da lui utilizzato.

 

 L'opera di Luca

Stando alle lettere di Paolo, Luca è un medico greco originario di Antiochia di Siria, compagno di Paolo durante una fase dei suoi viaggi missionari. Probabilmente è durante gli anni 80 che egli ha redatto la sua opera in due volumi, sulla base di una seria documentazione e con la sensibilità storica tipica di un greco colto.

 

N. 3. Vangelo secondo S. Luca —

 Riprende la maggior parte del materiale di Marco. Ha dei punti in comune con le fonti di Matteo e una lunga sezione che racchiude una documentazione originale (Lc 9,51-19,27). Come Matteo, ricorrendo però a fonti differenti, evoca l'infanzia di Gesù per presentare, in forma di racconto, una riflessione teologica sulla sua persona (Lc 1-2). Il Vangelo è indirizzato a cristiani di origine non giudaica: sviluppa con predilezione i temi della gioia promessa ai poveri e della misericordia di Dio verso i peccatori.

 

N. 4. Gli Atti di apostoli

evocano a grandi linee le origini della Chiesa raggruppando alcuni episodi attorno a due personalità di maggiore spicco: Pietro, capo dei dodici apostoli di Gesù, e Paolo, il convertito. La Chiesa, così, si espande a partire da Gerusalemme, fino alle estremità della terra, raggiunte allorché Paolo mette piede a Roma. Nata in ambiente giudaico, si sviluppa in terra pagana. Alla cerniera delle due parti del libro (At 15), una decisione dei responsabili delle chiese riconosce che è legittimo incorporare nel Cristianesimo dei non Giudei senza obbligarli a premunirsi dello statuto civile religioso dei Giudei. Luca, per imbastire la sua storia, ha utilizzato una svariata documentazione, meno esatta relativamente alla fase più antica. Racconti con «noi» (16,10-17; 20,5-15; 21,1-18; 27,1-28,16) inducono a pensare che egli riproduca in questi casi un diario di viaggio.

Si può consigliare di iniziare con questo libro la lettura del NT: fornisce un quadro generale ove successivamente si potranno collocare le lettere di S. Paolo e lo sviluppo della predicazione evangelica.

 

Il « Corpus » delle lettere di S. Paolo

 

 Lo scopo delle lettere

Le lettere di Paolo non sono né annunci elementari del Vangelo indirizzati a persone che non lo conoscono, né esposizioni sistematiche e complete della dottrina cristiana. Sono documenti « pastorali »: Paolo, capo e « pastore » delle chiese fondate nel corso dei suoi viaggi missionari, risolve di volta in volta i problemi pratici che la vita presenta. Per farlo, si riferisce sempre ai temi fondamentali della fede; ma li sviluppa in modo scattante, ricco, denso e a volte difficile. Si ritrovano così nelle lettere gli echi della sua predicazione nelle « assemblee ecclesiali », delle sue riflessioni sui libri biblici e sul « mistero » della salvezza realizzato in Cristo Gesù, della sua vita di preghiera personale. Si tratta di vere lettere, e non di « epistole » letterarie. All'interno di questo genere ben definito, si staccano passi di carattere particolare: schemi di discorsi, inni e preghiere, slanci lirici, tratti autobiografici, riflessioni teologiche, quadri apocalittici. Nulla di meglio per cogliere dal vivo la sua azione e la sua personalità.

 

Lettere scritte durante i viaggi missionari

Per queste lettere, qui possiamo solo mettere in risalto i destinatari, la data probabile, il luogo d'invio, lo scopo principale: semplice ouverture in funzione della lettura che spesso rimane difficile.

 

Quadro storico e tavola cronologica:

7 ca. Nascita a Tarso di Cilicia

23-26 ca. Studi rabbinici a Gerusalemme

32 o 35 ca. Conversione

43 Paolo ad Antiochia di Siria

47-48 Prima missione insieme a Barnaba

49 Concilio di Gerusalemme

49-52 Secondo viaggio missionario

53-58 Terzo viaggio missionario

59-60 Arresto a Gerusalemme, prigionia a Cesarea

inverno 60-61 Trasferimento a Roma via mare

61-63 Prigionia a Roma

65-67 ca. Martirio a Roma

 

N 5-6. Due lettere ai Tessalonicesi —

Nel corso della seconda missione (49-52), Paolo ha fondato una chiesa a Tessalonica (l'attuale Salonicco), nel 50. Trovandosi a Corinto alcuni mesi più tardi, riceve informazioni che lo spingono a chiarire alcuni punti di dottrina o di comportamento (1 Ts). Una seconda lettera, più difficile a datarsi, tranquillizza gli spiriti, poiché alcuni attendono come prossima la fine del mondo e il ritorno del Signore nella sua gloria (2 Ts), al punto da mettere in atto una pia pigrizia. Paolo soggiunge che «Chi non vuol lavorare neppure mangi! » (2 Ts 3,10).

 

N 7-8.  Due lettere ai Corinzi –

Durante la terza missione (53-58), Paolo soggiorna più di due anni a Efeso (53-56). A seguito di una lettera, di un rapporto che gli è stato recapitato e di un viaggio intrapreso dai responsabili della chiesa di Corinto, scrive a questa una lunga lettera (primavera 55) per rimediare ad abusi lampanti (come le liti di partiti), normalizzare alcuni problemi di vita pratica (come il contegno durante le assemblee comunitarie), chiarire punti di dottrina (come la fede nella risurrezione).

Dopo questa prima lettera, a Corinto scoppia una crisi: viene contestata l'autorità di Paolo stesso. Scrive quindi di nuovo, prima da Efeso (56), per difendere la sua missione di apostolo attaccata da propagandisti Giudeo-cristiani (2 Cor 10-13), poi dalla Macedonia (57), per preparare la sua prossima visita (2 Cor 1-7) e per organizzare la colletta a favore delle chiese povere (2 Cor 8-9): l'aiuto vicendevole è il contrassegno pratico dell'amore fraterno fra cristiani.

 

N. 9. Lettera ai Filippesi –

 Alla fine del soggiorno a Efeso (53-56), Paolo ha conosciuto la prigionia e intravisto la prospettiva di una condanna a morte. In questa circostanza invia tre biglietti alla Chiesa di Filippi, capitale della Macedonia, che gli ha mandato un aiuto in danaro. I biglietti sono stati riuniti insieme per formare una lettera (nell'ordine: B-C-A). Il terzo fa capire che sta profilandosi la crisi causata dai Giudeo-cristiani (Fil 3,lb-4,2). Questa corrispondenza si colloca fra le due lettere ai Corinzi.

 

N. 10. Lettera ai Galati —

 Occasionata dall'offensiva dei Giudeo-cristiani contro Paolo in Galazia, la lettera è contemporanea di Fil 3,lb-4,2 e di 2 Cor 10-13 (scritta quindi da Efeso o dalla Macedonia verso il 57). È un getto di lava: Paolo si racconta per difendersi (cc. 1-2), poi dimostra la sua tesi: si è salvi per la fede in Cristo, e non per la pratica delle opere della Legge giudaica, purché si metta in atto la vera libertà cristiana (cc. 3-6).

 

N. 11. Lettera ai Romani –

Da Corinto (58) Paolo si propone di andare a Gerusalemme per recarvi il frutto della colletta e poi visitare la Chiesa di Roma fondata da 10 o 15 anni. Le riflessioni a seguito della lettera ai Galati e della sua predicazione a Corinto gli forniscono il tema di una vasta esposizione dottrinale, densa, ricca ma difficile: sintesi del suo pensiero dopo 15 anni di missioni. È necessaria una certa preparazione per affrontare questa lettera fortemente strutturata, che riprende e sviluppa i temi della lettera ai Galati.

 

Le « lettere della Prigionia »

Incarcerato a Cesarea di Palestina (59-60), trasferito poi a Roma (60-61) e prigioniero per due anni in questa città (61-63), Paolo guida da lontano alcune chiese dell'Asia Minore che non può più visitare. Si deve dissociare da questo gruppo di lettere quella ai Filippesi.

N. 12. Lettera ai Colossesi —

 Colossi è una borgata dell'Asia Minore. La fede vi è scossa da una corrente religiosa ove si confondono temi giudaici e pagani. Da Cesarea o da Roma, Paolo fa fronte a questa crisi elaborando una riflessione più approfondita sulla persona e il ruolo di Cristo, « capo » della Chiesa e dell'intero creato. L'esposizione rassomiglia alle sue predicazioni in occasione del battesimo dei nuovi cristiani.

 

N. 13. Lettera a Filemone —

 Il biglietto viene spedito, insieme alla lettera precedente, all'individuo che accoglie nella sua casa la chiesa locale di Colossi. Uno dei suoi schiavi fuggitivi è stato battezzato da Paolo: questi lo rinvia al padrone, chiedendogli delicatamente di riceverlo « come un fratello carissimo », « come me stesso ». Non potendo modificare la legislazione, la prassi cristiana annulla il principio delle classi sul quale si basava la società antica nella quale ogni padrone poteva marchiare con un ferro rovente o mettere a morte uno schiavo fuggitivo.

 

N. 14. Lettera agli Efesini –

 Il nome dei destinatari è incerto. Il testo si avvicina a quello della lettera ai Colossesi, che egli amplifica mischiandovi spunti presi in prestito dalle « grandi lettere ». È una seconda sintesi del pensiero di Paolo, assai simile ad una predicazione destinata a nuovi battezzati. Un discepolo di Paolo vi ha lasciato l'impronta; si discute però se questo avvenne vivente ancora l'Apostolo oppure un po' dopo la sua morte verso il 67.

 

Le « lettere pastorali »

Nn 15-17. Queste lettere sono indirizzate a Tito e a Timoteo, discepoli di Paolo, inviati frequentemente in missione speciale nel corso delle sue visite alle chiese. Forniscono indirizzi pratici per l'organizzazione delle comunità locali (Tt e 1 Tm). Vi si associano rigide istruzioni per la lotta contro i « falsi dottori », predicatori ambulanti che pervertono la fede per mezzo dell'eresia (1 Tm e 2 Tm). È come il testamento spirituale di Paolo (soprattutto 2 Tm): questi raccomanda ai suoi di «conservare il deposito» (1 Tm 1,20). La differenza di stile rispetto alle altre lettere di Paolo, con prestiti di formule con significati leggermente diversi, le nuove preoccupazioni causate dai propagandisti eretici, la nuova struttura interna delle chiese, suggeriscono che questi testi sono dovuti forse a un discepolo di Paolo preoccupato di conservare la sua tradizione per la generazione seguente, verso il tempo nel quale scrive Luca. Egli non compone « lettere false »: al contrario, intende salvaguardare la vera dottrina presentandola come il messaggio sempre attuale di Paolo stesso. Nondimeno, la finale di 2 Tm rimane un commovente biglietto di addio che presenta Paolo alla soglia del martirio.

 

Le altre lettere

Paolo è il solo missionario delle origini cristiane la cui corrispondenza permette d'intravederne la vita, l'attività, la personalità forte e passionale. Ma al di fuori del « Corpus » paolino, si sono conservate altre otto lettere o discorsi inviati nell'ambito di una lettera. Questi testi sono assai più disparati.

 

N. 18. Lettera agli Ebrei –

 In realtà si tratta di un discorso inviato per iscritto a Cristiani di origine giudaica che ripensano con nostalgia al fastoso culto del Tempio di Gerusalemme: questo per la loro immaginazione e la loro sensibilità è più attraente delle « assemblee in Chiesa », tanto che sono tentati di tornare indietro. L'autore, anonimo, ha ricevuto una formazione da letterato alessandrino, ma conosce anche a mente la sua Bibbia greca. Utilizza tutte le risorse dell'« arte di persuadere » per mantenere nella fedeltà i suoi corrispondenti titubanti. Il discorso, accuratamente impostato, contrappone al sacerdozio e al culto giudaico il vero sacerdozio e il vero sacrificio: quelli di Cristo che ha dato la sua vita per realizzare, fra Dio e gli uomini, la nuova ed eterna Alleanza. Il confronto fra i due Testamenti in nessun'altra parte è condotto così a fondo come qui, ed egualmente il gioco sottile delle interpretazioni della Scrittura in una prospettiva che le trasforma profondamente. L'autore può avere scritto prima della distruzione del Tempio (70 d.C.), ma in realtà la tentazione di un ritorno al Giudaismo ha potuto sussistere come un vecchio sogno anche dopo questa data.

 

N. 19. La lettera di Giacomo —

 Questo breve scritto ha di una lettera solo l'indirizzo. Può anche essere datato sia negli anni 50 come negli anni 80, dato che non contiene nessuna allusione storica. Raccoglie sintesi di discorsi su diversi aspetti della vita cristiana con un'accentuata insistenza sui doveri morali: non basta essere « in regola » con obblighi legali oppure coltivare lodevoli sentimenti per vivere nella logica della fede. L'autore è profondamente contrassegnato dal suo Giudaismo di origine. Si tratta di Giacomo, « fratello » di Gesù (= membro della parentela stretta, secondo Mc 6,3 e 15,40). Questi divenne il capo della comunità locale di Gerusalemme prima di essere condannato a morte su richiesta di un sommo sacerdote nel 62. La lettera potrebbe essere il condensato dei suoi discorsi, redatto in un buon greco corrente.

 

N. 20. Lettera di Giuda –

 Giuda è il « fratello di Giacomo »; ma il redattore della lettera considera con un certo distacco l'epoca degli « apostoli di nostro Signore Gesù Cristo» che parlavano «della fine dei tempi» (vv 17-18). Come il redattore delle « lettere pastorali » di Paolo, lotta contro i predicatori ambulanti che s'introducono nelle chiese per corrompervi la fede e i costumi: prima offensiva dello Gnosticismo che tentò di prendere in prestito elementi cristiani per sedurre i fedeli trasformando interamente il Cristianesimo in mito. La lettera può essere contemporanea delle lettere pastorali e dell'opera di Luca.

 

N. 21. Prima lettera di Pietro –

 Due scritti sono stati conservati sotto il nome di Pietro, capo dei dodici « apostoli » inviati in missione direttamente da Gesù. Il primo termina effettivamente con una lettera che allude alla persecuzione dei cristiani (1 Pt 4,12 - 5,14), ma questa lettera è preceduta da un lungo discorso che sembra indirizzato ai nuovi battezzati per esortarli a condurre un'autentica vita cristiana in seno al mondo pagano (1,3 - 4,11). Non era più facile di oggi essere cristiani, in quanto bisognava sempre qualificarsi agli occhi dei pagani e delle « autorità » per mezzo di una condotta esemplare e accettando di soffrire per il nome di Gesù. La data della lettera e del discorso è discussa. Pietro è morto a Roma per la fede durante la persecuzione di Nerone (verso il 64), ma tale notizia non toccò da subito le chiese d'Oriente alle quali la lettera era indirizzata.

 

N. 22. Seconda lettera di Pietro –

Questo scritto probabilmente è il più tardivo di tutto il NT (fra il 100 e il 125). Riprende la lettera di Giuda per lottare contro propagatori di eresie; ma si basa più esplicitamente sulla « tradizione degli apostoli », test della autentica fede cristiana. L'apostolo Pietro quindi è uno pseudonimo: il richiamo alla sua autorità ha quindi il solo scopo di salvaguardare la tradizione. D'altra parte, l'autore conosce gli altri scritti del NT: la lettera di Giuda, la prima lettera di Pietro, la tradizione evangelica dei Sinottici (almeno Matteo) e una raccolta di tutte le lettere di S. Paolo. Il suo testo, quindi, è una base importante per verificare la formazione del NT. La pseudo-nimia alla quale ricorre è un procedimento assai noto nella letteratura giudaica di quel tempo: l'autore presenta in forma di lettera il «testamento di Pietro» (cfr. il «testamento di Paolo », che prende la forma di un discorso in At 20,17-38).

 

Gli scritti « giovannei »

Come la seconda lettera di Pietro conosceva un « Corpus » delle lettere di Paolo, egualmente gli autori cristiani del II secolo (particolarmente Ireneo, vescovo di Lione morto verso il 200) ricordano tre tipi di scritti differenti che portano il nome di Giovanni, figlio di Zebedeo e apostolo di Gesù: un libretto evangelico, tre lettere e un'« apocalisse ». Questa presentazione probabilmente semplifica le cose. L'autore dell'Apocalisse si denomina « Giovanni il profeta » (titolo conferito ad alcuni predicatori nelle chiese); quello delle lettere si presenta come « Giovanni il Presbitero » (titolo dei responsabili delle chiese locali); quello del Vangelo viene presentato dagli editori come « il discepolo amato da Gesù », ma senza indicare il nome. Le affinità di questi scritti inducono a parlare almeno di una « scuola giovannea », che effettivamente può collegarsi con Giovanni figlio di Zebedeo.

 

N. 23. Il quarto Vangelo —

 In questo libretto la tradizione delle parole e degli atti di Gesù è conservata in una forma originale che differisce profondamente da quella dei Vangeli «sinottici». È indubbia la provenienza di questa tradizione dall'ambiente geografico e istituzionale della Palestina prima della « guerra giudaica » del 66-70. Suppone ricordi ancora freschi, e forse anche redazioni frammentarie così antiche come quelle del materiale conservato dai Sinottici. Ma il testo sicuramente è stato rielaborato a più riprese fino alla sua fissazione definitiva, dovuta ai discepoli dell'evangelista e che gli autori cristiani antichi hanno posto all'inizio del regno di Traiano (imperatore dal 98 al 117).

Il genere letterario del racconto è sottile. Oltrepassa in qualche modo l'orizzonte del tempo di Gesù e quello dei lettori per i quali è stato scritto; fa quindi trasparire la gloria del Cristo risorto attraverso le azioni di Gesù, che acquistano così una dimensione impressionante e fa parlare Gesù in modo che l'insegnamento destinato attualmente alla sua Chiesa risuoni nei discorsi indirizzati ai primi ascoltatori. In questo modo la meditazione dell'autore sul significato delle parole e degli atti di Gesù è essa stessa incorporata alla presentazione « teologica » della sua persona: l'autore disegna una grande vetrata attraverso la quale s'irraggia, come un sole, il Cristo risorto. Lo schema generale della storia di Gesù proviene dal quadro dei Sinottici; vi aggiunge elementi nuovi. Tuttavia, non bisogna confondere la sua arte del racconto drammatico, spinta a volte assai lontano, con lo scrupolo di cronista attaccato ai soli dettagli basati sulle testimonianze oculari. La sua fedeltà viva a Gesù Cristo è di un altro ordine rispetto a quella della ripetizione materiale per le parole e della « fotografia » per i racconti. Al tempo in cui il Giudaismo espelle i cristiani dal suo seno, egli vuol far sentire ai lettori il dramma che si è snodato già e che costantemente si snoda nel mondo nei riguardi della fede in Cristo.

 

Nn 24-26. Lettere di Giovanni —

 Due brevi biglietti di « Giovanni il Presbitero » (titolo di un responsabile di comunità) sono indirizzati ad una chiesa locale e ad un altro responsabile di comunità (2 e 3 Gv). Viene fatto di constatare come la vita delle chiese si scontri con il sorgere delle eresie e del separatismo di certi responsabili locali: due fenomeni di tutti i tempi. La prima lettera è piuttosto un discorso inviato per iscritto, una fervida esortazione alla vita cristiana in uno stile spoglio e povero di parole: credere, amare, vivere nella luce, evitare le seduzioni dell'errore, riconoscersi peccatori, ma fare affidamento in Cristo per ricevere la vera vita.

 

N. 27. Apocalisse di Giovanni –

 Giovanni il profeta indirizza alle Chiese dell'Asia Minore un messaggio d'incoraggiamento, in un tempo di persecuzione che, artificiosamente (conforme alle convenzioni del genere letterario adottato) si colloca sotto l'imperatore Nerone, in realtà sotto Domiziano (95 d.C.). Il libro, nel suo complesso, è un'« apocalisse », cioè una « rivelazione » dello sfondo invisibile sul quale si svolge il dramma storico ove la Chiesa, nuovo popolo di Dio, si trova immersa. Questo caratteristico genere letterario è nato in seno al Giudaismo. Traspone gli avvenimenti umani ed evoca la presenza di Cristo e della sua Chiesa con una serie di raffigurazioni simboliche ove si scontrano immagini grandiose. L'autore mutua la maggioranza di queste immagini da testi dell'AT, specialmente da Ezechiele e da Daniele. Saremmo nell'errore se vi si volesse ricercare la segreta predizione degli avvenimenti, gioiosi o catastrofici, che devono svolgersi fino alla fine del mondo. In serie giustapposte di settenari (cfr. il simbolismo dei numeri), il profeta ritorna incessantemente sul problema di fondo che si pone al suo tempo: lo scontro fra la Chiesa e l'Impero pagano che vuole imporre il culto dell'imperatore. Questo fatto viene trasposto nel mondo invisibile: è la lotta gigantesca fra l'Agnello immolato (il Cristo morto in croce ma glorificato con la risurrezione) e la Bestia (Satana e il mondo malvagio che si è posto al suo servizio). Ma questo duello misterioso non si ripete forse attraverso tutti i secoli? I veri vincitori sono i martiri: ad essi è promessa la gioia nella « Gerusalemme celeste » che il veggente fa intravedere all'orizzonte finale del tempo. Le immagini che si sovrappongono e si aggrovigliano producono un effetto artistico affascinante, ma spesso sono difficili a decifrarsi nei dettagli. Il messaggio del profeta, filtrando attraverso l'immaginazione, ha bisogno di un commento per essere evidenziato. Questa caratteristica tutta particolare del libro ne fa una fonte inesauribile d'ispirazione per i pittori, vetrai, miniaturisti (per esempio, vedere l'arazzeria dell'Apocalisse di Angers -fine secolo XV).

 

Gli scritti di Giovanni esprimono mirabilmente il fremito che pervade tutto intero il NT, il libro della fede: fede in Dio fondata sulla fede in Gesù Cristo: « Questa è la vittoria che ha sconfitto il mondo: la nostra fede. E chi è che vince il mondo se non chi crede che Gesù è il Figlio di Dio? » (1 Gv 5,4-5). È il libro dell'amore: « Dio è amore, e colui che rimane nell'amore rimane in Dio e Dio in lui» (1 Gv 4,16). È il libro della speranza: protesa verso la manifestazione di Cristo: « E lo Spirito (di Dio) e la Sposa (= la Chiesa) dicono: "Vieni!" E chi ascolta ripeta: "Vieni!". Chi ha sete venga; chi vuole attinga gratuitamente l'acqua della vita. Colui che attesta queste cose (= Cristo) dice: "Sì, verrò presto". - Amen! Vieni, Signore Gesù! » (Ap 22,17.20).

BREVI CENNI DI GEOGRAFIA BIBLICA

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Il Territorio.............................................................................................................................................................................................. 1

LE GRANDI TAPPE DALLA STORIA BIBLICA........................................................................................................................... 1

1. La formazione e l'apogeo d'Israele............................................................................................................................................ 1

2. Il dramma del popolo diviso (932-587).................................................................................................................................... 2

3. Lo sviluppo del Giudaismo in seno agli imperi mondiali....................................................................................................... 3

4. Le origini del Cristianesimo......................................................................................................................................................... 5

 

Il Territorio

Il punto di partenza della geografia biblica è la cosiddetta “mezzaluna fertile”,  cioè quella parte di territorio che si estende dall'Egitto fino al Golfo Persico. Alle due estremità vi si trovano due valli che, in antico, favorirono la prima agricoltura e l'allevamento del grosso bestiame.

A est, la bassa valle del Tigri e dell'Eufrate, fin dal IV millennio fu infatti la sede della civiltà sumerica, mentre popolazioni semitiche, gli Accadi, si sarebbero installati a loro volta lungo il corso medio e superiore dei fiumi.

A ovest, la valle del Nilo ha permesso all'Egitto di sviluppare parallelamente un'altra civiltà con stabilità secolare. Al centro della mezzaluna, terreni fertili ricoprono tutta la Mesopotamia, particolarmente nella grande ansa dell'Eufrate e nell'alta Siria.

La striscia di terra abbastanza stretta, che forma come un corridoio tra il mar Mediterraneo e il vasto deserto siriaco e arabico, dove le vie di comunicazione sono determinate dalla geografia fisica, è luogo di passaggio obbligato fra l'Africa e l'Asia, fra la steppa e il mare: luogo di passaggio quindi anche d'invasioni di conflitti.

Tale terra, situata fra centri economici importanti, si trovava quindi spesso disputata fra conquistatori venuti dal sud (Egitto) e dal nord (Semiti della Mesopotamia, Hittiti dell'Asia Minore, Hurriti installatisi verso il XV secolo nella grande ansa dell'Eufrate), dall'ovest (popoli del Mare venuti dalle isole e dalle sponde mediterranee) e dall'est (seminomadi della steppa attratti dalle ricche terre coltivate). Essa probabilmente deve a questo fatto l'estrema diversità della sua popolazione e l'endemica instabilità della sua situazione politica. Qui è vissuto il popolo della Bibbia.

 

LE GRANDI TAPPE DALLA STORIA BIBLICA

Nell’Antico Testamento non si può separare la storia nazionale dalla storia religiosa: sono inserite l'una nell'altra. Il percorso storico può essere suddiviso in tre grandi fasi per l’AT e una per il Nuovo T.

 

1. La formazione e l'apogeo d'Israele

La formazione del popolo d'Israele in Canaan sembra sia dovuta a due ondate successive di clan seminomadi e di popolazioni del gruppo semitico, denominate così a motivo delle loro lingue apparentate e del loro aggancio fittizio allo stesso antenato preistorico: Sem, figlio di Noè, l'eroe del diluvio nella tradizione biblica. Una prima migrazione, di origine amorrea, sarebbe venuta dalla regione di Harran, nella grande ansa dell'Eufrate, verso il secolo XIX o XVIII, fissata nel sud della Palestina (Ebron), riconducibile ai nomi dei patriarchi, o capi di clan Abramo e Isacco. Una seconda migrazione, di origine aramea come i fondatori dei minuscoli Regni siriani, giunse verso il secolo XV, fissandosi presumibilmente nella zona montuosa centrale (Betel e Sichem), riconducibile al nome di Giacobbe.

Alcuni discendenti di questo gruppo soggiornarono durante un certo periodo in una regione di frontiera controllata dall'Egitto, all'estremo sud del paese di Canaan. Al tempo del rinascimento egiziano sotto Ramsès II (1290-1224 a.C.), essi ripresero la vita seminomade nelle steppe della penisola sinaitica (forse verso il 1260). In questa circostanza prese spicco la figura di Mosè, che diede al gruppo di emigranti una vera coscienza nazionale, dotandolo di un culto e di un diritto. Ma è soltanto con la successiva generazione che la piccola nazione in via di sviluppo attraversò il Giordano e ritornò in Canaan, ritrovando gli antichi clan già residenti nelle zone destinate al pascolo e all'agricoltura. Intorno ad essa, durante i secoli XII e XI, si costituì una federazione di dodici tribù, alla quale si aggregarono altri clan e alcune popolazioni locali. Ebbe come centro un santuario comune, dedicato al Dio dei Patriarchi e di Mosè. Così nacque alla storia la nazione d'Israele. Per mettere in atto concretamente la coscienza della sua unità, riunì le tradizioni ancestrali dei vari clan organizzandole intorno ad una genealogia convenzionale che metteva insieme i nomi dei diversi patriarchi e ad essi ricollegava gli antenati fittizi delle dodici tribù confederate. Il legame fra le tribù restava comunque fragile. Quanto al santuario federale, esso ebbe numerosi punti di sistemazione nella zona montagnosa centrale. Conflitti fra tribù e lotte contro le città cananee o contro le popolazioni limitrofe caratterizzarono questa epoca, denominata dei Giudici o governanti locali.

Verso la metà del secolo XI la pressione delle cinque città filistee situate sulla costa mediterranea mise in pericolo l'esistenza stessa della confederazione israelita. Sotto la spinta delle circostanze, e per impulso di un capo religioso, Samuele, gli Israeliti adottarono allora l'istituzione monarchica, per organizzare le guerre e governare l'insieme delle tribù nel quadro del culto e del diritto tradizionale. Il primo re, Saul (1040-1010 a.C.), perì in una battaglia contro i Filistei, alleati delle città cananee. Ma la monarchia riprese il suo slancio con il giudeo Davide, prima nella tribù meridionale di Giuda (1010-1003 a.C.), poi nel Regno unito di Giuda e Israele (1003-972 a.C.) capovolgendo la situazione. Occupata la città di Gerusalemme (verso il 1000), Davide la scelse come una capitale dinastica, indipendente dalle diverse tribù. Sottomise progressivamente tutte le città cananee e i piccoli regni limitrofi: Filistei a ovest, Edomiti al sud, Moabiti e Ammoniti a est, Aramei al nord, estendendo alla fine il suo protettorato fino ad Hamat, regno limitrofo dell'Eufrate. Intratteneva rapporti di alleanza con i porti della costa fenicia, particolarmente con Tiro, creando un embrione di impero. Lo splendore apparente del regno di Salomone (972-932 circa), che costruì a Gerusalemme un Tempio ed un palazzo reale, preparò invece il rapido crollo del regno.

 

2. Il dramma del popolo diviso (932-587)

Salomone aveva finito per comportarsi come un sovrano orientale, scarsamente preoccupato della Legge religiosa e sociale che conservava la tradizione di Mosè e dei Patriarchi. Alla sua morte (932), la tensione latente fra il nord del paese (Israele) e il sud (Giuda) provocò una scissione nello stato fondato da Davide. Israele e Giuda, pur essendo consapevoli in teoria di formare un solo popolo, unito dallo stesso Dio e dal medesimo culto, si ritrovarono ormai come due regni indipendenti, spesso nemici. Israele fissò la capitale nella nuova città di Samaria, nell'anno 879. La sua vita politica fu caratterizzata da una costante instabilità dinastica, eccetto sotto la dinastia del re Ieu durata un secolo (841-743). Il fatto non è da attribuirsi solo alle rivolte di palazzo: derivò anche dalla lotta condotta dagli ispirati, i profeti, contro le esazioni del potere e il ritorno al paganesimo cananeo al quale i re spesso cedettero. All'esterno, le guerre continue contro Giuda e contro il regno arameo di Damasco spinsero l’intervento dell'Impero assiro che sottomise o si annesse progressivamente, nell'ottavo secolo, la maggior parte dei piccoli stati di Siria e di Palestina.

Samaria cadde nel 722: Damasco e l'antico regno d'Israele divennero allora province assire, le loro élites sociali furono deportate e sostituite con coloni mesopotamici.

Il regno fondato da Davide, ridotto alla tribù di Giuda e al territorio di Gerusalemme, conobbe, al contrario, una stabilità dinastica basata su motivi religiosi: la discendenza di Davide, legata alla capitale e al suo Tempio, rimase custode della speranza nazionale. Tuttavia la politica interna dei re divenne sovente, come nel Regno del Nord, bersaglio delle identiche critiche dei profeti, attaccati alla tradizione religiosa e difensori dei diritti degli individui contro gli eccessi del potere. Durante l'apogeo dell'Assiria (705-650 ca.), Giuda si ridusse quasi ad un regno vassallo, amputato nel 701 della maggior parte dei suoi distretti. Il rapido crollo dell'impero alla fine del regno di Assurbanipal (668-625) permise al re Giosia (640-609) di restaurare per un certo tempo l'indipendenza, operando contemporaneamente una riforma religiosa e sociale conosciuta dal Deuteronomio (622). Ma la potenza di Babilonia successe allora a quella di Ninive, soprattutto a partire dall'avvento di Nabucodonosor (605-562). Giosia morì in battaglia nel 609 e gli ultimi re di Giuda non poterono contenere la spinta babilonese. Il re Iojachin, deportato nel 598 dopo un primo assedio di Gerusalemme, divenne capostipite in Babilonia. Nel 587, la città, nuovamente assediata, fu presa e incendiata, il Tempio distrutto. L'élite religiosa e sociale di Giuda fu deportata anch'essa in Babilonia, sia nel 598 che nel 587. Sussistevano, però, in Giudea, in Egitto, in Babilonia, in Arabia, piccole comunità locali che costituirono il punto di partenza di un rinnovamento straordinario.

 

3. Lo sviluppo del Giudaismo in seno agli imperi mondiali

Non si trattò di un rinnovamento di carattere politico, per il quale la nazione, ormai dispersa, non aveva i mezzi; fu un rinnovamento religioso e sociale. Proprio in mezzo al disastro della deportazione, i tentativi di riforma suscitati dai profeti nel corso dei secoli precedenti e già concretizzatisi al tempo di Giosia portarono infatti ad una conversione nazionale durevole che restaurò nei Giudei rimasti un'autentica fedeltà al Dio unico, al suo culto, al diritto fissato nella Legge, alle esigenze morali e sociali della predicazione profetica.

Il Tempio era stato distrutto, perciò il culto, per le comunità della Palestina e per quelle in esilio, sussisteva solo nella forma di riunioni di preghiera durante le quali si rileggevano i testi sacri della Legge e le predicazioni dei profeti raccolte per iscritto: è qui l'origine remota delle riunioni sinagogali che sussistono nel Giudaismo attuale. Lo sforzo di conversione religiosa e il lavoro di riorganizzazione pratica avvennero grazie ad un gruppo direttivo costituito dagli Anziani e dai capifamiglia, dai sacerdoti e dagli inservienti del Tempio (i leviti) appartenenti per nascita alla tribù di Levi, dai profeti il cui numero e importanza diminuirono a poco a poco, dagli scribi che gradatamente posero la loro arte al servizio delle Scritture sacre, prima di fornire legisti laici, più o meno in concorrenza con i sacerdoti specialisti della Legge. Tutto questo si realizzò in seno agli imperi che, a partire dal VI secolo, si succedettero nel dominio di tutto il Medio Oriente.

 

Il primo fu l'impero persiano. Ciro, che aveva realizzato a suo vantaggio l'unità delle tribù iraniane, conquistò Babilonia senza colpo ferire nel 539. Inaugurando una politica liberale che rispettava le usanze particolari di ogni popolo sottomesso, restituì ai Giudei esiliati, fin dal 538, il diritto di rientrare nel loro paese e di ricostruire il Tempio. Esso fu riedificato fra il 520 e il 515, sotto Dario I: l'antico territorio di Giuda diventava di nuovo l'ideale centro nazionale del popolo disperso. Questi otteneva, grazie ad un perfetto lealismo politico, l'autonomia cultuale, culturale, legislativa, sociale ed anche, fino ad un certo punto, amministrativa, in tutti i luoghi dove i suoi gruppi locali si erano stabiliti. Il sommo sacerdote residente a Gerusalemme diveniva suo capo e garante presso le autorità imperiali. Questo statuto, nazionale e religioso al tempo stesso, doveva conservarsi intatto sotto tutti gli imperi successivi, nonostante alcuni sussulti avvenuti in Giudea. Nel V secolo l'opera dei primi restauratori fu completata in una duplice maniera: fra il 445 e il 425 Neemia si servì dei suoi funzionari ufficiali alla corte persiana per ottenere l'erezione della Giudea a provincia indipendente; poi, forse nel 398, a Esdra fu affidato il compito di promulgare la Legge, fissata in modo definitivo perché fosse la base dello statuto ufficiale del Giudaismo riorganizzato.

 

L'epoca ellenistica. Le conquiste di Alessandro Magno (333-323) rispettarono questo stato di cose. In seguito, mentre uno straordinario moto di fusione fra le culture e le religioni locali dava origine alla civiltà ellenistica, il Giudaismo disperso seppe conservare la sua originalità e la sua autonomia grazie allo statuto riconosciuto e protetto dallo stato. La Bibbia, ormai formata ma non ancora conclusa, restava la base della sua vita, della sua organizzazione, del suo culto. La crisi fece la sua comparsa in Giudea nel secondo secolo. Questa provincia, che rimaneva il focolare nazionale grazie al Tempio e alla presenza del sommo sacerdote, era passata nel 197 dalla dominazione dei re Lagidi (i Tolomei), stabilitisi in Egitto, a quella dei re Seleucidi, stabilitisi in Siria. Ora, l'aristocrazia locale ed una parte del clero del Tempio furono coinvolti in un movimento modernista che tentò di ellenizzare il culto, la vita e le istituzioni giudaiche. Il re Antioco IV Epifane nel 168 promulgò un decreto che pretendeva di ellenizzare con la forza la Giudea.

Il gruppo fedele dei sacerdoti e il popolo però si ribellarono. Nel giro di pochi anni la rivolta giunse a liberare Gerusalemme, a restaurare il culto tradizionale e a riconquistare l'indipendenza politica sotto una dinastia di sommi sacerdoti, gli Asmonei, che concentrarono nelle loro mani i poteri religioso, politico e militare (verso il 150). Nel 104 uno di essi assumeva il titolo di re. Ma questo risveglio nazionalista, unito alla restaurazione cultuale, rapidamente si era abbinato ad una decadenza morale assai accentuata. Fecero in seguito la loro comparsa alcuni partiti religiosi. I Sadducei, reclutati soprattutto fra l'aristocrazia sacerdotale e civile, sostenevano la dinastia al potere. Gli Esseni, che contestavano la sua legittimità per motivi cultuali, avevano rotto con il Tempio di Gerusalemme. Oggi essi sono ben conosciuti anche grazie alle scoperte archeologiche fatte fin dal 1947 a Qumran, nei pressi del Mar Morto: si sono ritrovate le rovine del loro centro, organizzato come un convento, e la loro biblioteca nascosta in alcune grotte al momento dello scoppio della guerra giudaica (67-70 d.C.). I Farisei, reclutati soprattutto fra i legisti laici e organizzati in «gruppi di purità legale», esercitavano un influsso crescente sulle masse popolari. Strenuamente attaccati alla pratica minuziosa della Legge ma aperti alla speranza religiosa, essi si opponevano ad una monarchia che non discendesse dalla dinastia di David, poiché attendevano con impazienza la venuta del Messia regale che avrebbe restaurato la libertà nazionale.

L'arrivo dei Romani. I dissensi fra i partiti segnarono la fine dello Stato asmoneo. I Romani si erano già creati un impero in Oriente. Nel 63 Pompeo intervenne come arbitro a Gerusalemme su richiesta dei partiti giudaici: il gran sacerdote, da lui insediato, divenne quindi un vassallo di Roma. Nel 34 un semigiudeo, Erode, diveniva re di Giudea per decreto del Senato romano. Dopo la sua morte (4 a.C.), le province del regno (Giudea al sud, Samaria al centro, Galilea al nord, Perea al di là del Giordano) furono spartite fra i suoi figli. Ma nel 7 d.C. la Giudea e la Samaria divennero provincia romana. Erode Antipa restò come «tetrarca» in Galilea fino a che Roma non lo spedì in esilio nel 39. Suo nipote Agrippa I ottenne allora dagli imperatori Caligola e Claudio una restaurazione progressiva dell'antico regno di Erode il Grande (39-44); la dinastia però era detestata dalle masse giudaiche e alla fine tutto il paese passò sotto l'amministrazione diretta del governatore romano, insediato nel porto di Cesarea.

Nel 66, un partito ultranazionalista fondato verso l'inizio dell'era cristiana e noto negli anni 60 con il nome di Zeloti, scatenò la rivolta contro Roma. Una guerra assai dura ebbe fine nel 70 con l'occupazione di Gerusalemme e la distruzione del Tempio, mentre il generale Vespasiano stava per essere eletto imperatore. Una frazione pacifista dei Farisei si era dissociata dai rivoltosi: per mezzo di essa, sotto la guida di Johanan ben Zakkai, il Giudaismo si riorganizzò, fra il 75 e la fine del primo secolo, intorno ai «dottori della Legge» che avevano mantenuto la loro autorità morale. Una seconda rivolta ebbe luogo sotto l'imperatore Adriano nel 132-135 e finì in una catastrofe: i Giudei furono proscritti da Gerusalemme; l'intera provincia fu denominata Palestina; le scuole rabbiniche che ormai avevano in mano la custodia dell'istituzione, si ritirarono in Galilea. Nondimeno, lo statuto giuridico che faceva dei Giudei una nazione autonoma riconosciuta sia nell'impero romano come nell'impero dei Parti al di là dell'Eufrate rimase in piedi. Le due guerre praticamente avevano intaccato solo il «focolare nazionale»: la situazione dei Giudei della «Diaspora», cioè dispersione, consacrata dal diritto consuetudinario, rimaneva intatta. Questo fatto, unito alla loro solidità familiare e ad un proselitismo che aggregava ad essi un certo numero di pagani, assicurò la sopravvivenza del Giudaismo, che come istituzione religiosa poté quindi sfidare i secoli.

 

4. Le origini del Cristianesimo

Gesù di Nazareth. Il Cristianesimo sorse in seno al Giudaismo palestinese, al tempo di Erode e dei prefetti romani. Gesù di Nazareth, suo fondatore, nacque alla fine del regno di Erode il Grande, verso il 6-7 prima della nostra era. Questa prende come punto di partenza la data della nascita di Gesù, ma gli errori di calcolo di Dionigi il Piccolo (VII secolo), che fissò questa data secondo l'era della fondazione di Roma, hanno comportato un divario praticamente impossibile correggere.

Un profeta austero, Giovanni il Battista, aveva preceduto Gesù di pochi anni. Dopo aver trascorso un breve periodo insieme al gruppo vicino a Giovanni, Gesù abbandonò il suo mestiere di artigiano per seguire una vocazione strettamente personale. Passando di villaggio in villaggio nella sua provincia di Galilea e approfittando soprattutto delle opportunità offerte dalle riunioni sinagogali, ogni «Sabbat» (il nostro sabato) annunciava pubblicamente l'imminente realizzarsi delle promesse dei profeti e la venuta del regno di Dio. Predicazione di carattere popolare, trapuntata di parabole, enunciata con autorità senza riferimento alla tradizione dei «dottori della Legge», esigente nelle sue conseguenze pratiche, ma affascinante per il suo dinamismo interiore, all'inizio rianimò la speranza di poche persone. Un gruppo di discepoli si legò a Gesù e incominciò ad accompagnarlo nelle sue peregrinazioni missionarie. Ma presto questa novità lo rese sospetto, per motivi diversi, alle autorità politiche (Erode Antipa in Galilea, la polizia romana in Giudea), alle autorità religiose (l'aristocrazia sacerdotale incaricata del culto del Tempio, che aveva in mano il Gran Consiglio o Sinedrio), ed anche al partito dei Farisei, attaccato ad una concretezza pratica, della Legge e delle tradizioni, contestata da Gesù. La sua attività pubblica durò solo poco più di due anni (probabilmente dal 27 alla Pasqua dell'anno 30). Ebbe termine con un'accusa di ribellione politica mossa dalle autorità di Gerusalemme davanti al prefetto romano. Gesù fu condannato alla crocifissione.

 

La Chiesa cristiana. Paradossalmente, questa morte che avrebbe dovuto mettere fine all'impresa di Gesù, costituì il punto di partenza di uno sviluppo inatteso. Per sapere come questo si realizzò conviene lasciar parlare i testi che, fra gli anni 30 e l'inizio del II secolo, ne rendono testimonianza. La Chiesa cristiana non è nata direttamente dalla morte di Gesù né dalle riflessioni che questo avvenimento potè suscitare in un gruppo entusiasta: i discepoli ne rimasero completamente disorientati. Ma in seno al loro gruppo si verificò una serie di esperienze che rianimarono la fede in crisi: si trattò delle manifestazioni di Gesù vivente, entrato ormai nella «gloria» di Dio. Fino a quel momento i discepoli, come Gesù stesso e come molti altri Giudei (soprattutto i Farisei), avevano atteso per se stessi e per i loro defunti una «ricomparsa» di tra i morti, una «risurrezione» dovuta alla potenza salvatrice di Dio che avrebbe permesso ad essi di partecipare al «mondo futuro», quel mondo ove non ci sarà più «né morte, né lamento, né affanno» (Ap 21,4). Ma tutto questo era atteso alla conclusione della storia terrena. Ora, le apparizioni di Gesù vivente mostravano che per lui questo «futuro di Dio» era stato anticipato: essendo entrato per primo nel «mondo futuro», corrispondente al «Regno di Dio» realizzato in pienezza, egli aveva aperto ai vivi e ai morti la strada per trionfare del male ed entrarvi a loro volta.

Al tempo stesso Gesù poteva essere riconosciuto come il mediatore della salvezza per tutti gli uomini, il Messia atteso dai Giudei, «il Figlio» per la sua relazione unica con Dio che egli chiamava già «Padre» nella sua preghiera personale. Da annunciatore del Vangelo, Gesù ne era divenuto così l'oggetto centrale.

È evidente che, riguardo all'esperienza delle apparizioni, credenti e non credenti danno necessariamente valutazioni diverse. Stando però alla testimonianza dei testi, essa si ricollega strettamente da una parte all'attività di Gesù durante la sua vita, dall'altra alla strana vitalità del gruppo che ormai prenderà il nome di «Chiesa», cioè di «assemblea convocata» intorno al Cristo risorto. Non si può eliminare dalla storia una simile attestazione: si renderebbero del tutto incomprensibili le origini del cristianesimo. Quanto a esprimere un giudizio di valore sulla natura dell'evento, ognuno lo fa seguendo la propria coscienza.

Sta il fatto che la piccola comunità di discepoli riunita a Gerusalemme si diffuse rapidamente, nonostante l'opposizione delle autorità giudaiche. Raggiunse assai presto alcuni circoli giudaici di lingua greca, in relazione con i gruppi locali della Diaspora in territori pagani. Fin dagli anni 30 comunità locali erano state in realtà fondate in Galilea, in Samaria, nei porti della pianura marittima e fino a Damasco. La conversione di un giovane fariseo che le aveva perseguitate violentemente, Saulo di Tarso in Cilicia, un Giudeo bilingue che aveva ricevuto una formazione da «dottore della Legge», apportò loro un appoggio decisivo. Ad Antiochia di Siria, alcune persone di nazionalità non giudaica erano state ammesse a far parte delle comunità cristiane senza passare attraverso il Giudaismo, comunità religiosa e nazionale insieme.

Saulo di Tarso, divenuto l'apostolo Paolo, si fece promotore appassionato ed efficace di questo reclutamento libero da qualsiasi forma di particolarismo. La sua attività, contestata da Giudeo-cristiani conservatori, fu approvata, nel 49, da colui che restava il capo dei dodici apostoli scelti direttamente da Gesù: Simon Pietro. Da allora predicatori itineranti percorrono la Siria, la Mesopotamia, 1'Asia Minore, tutto il bacino del Mediterraneo, approfittando della rete di comunità giudaiche esistente nelle città e anche talvolta nelle campagne. È possibile seguire la traccia dei viaggi di Paolo durante una quindicina di anni fino al suo arresto a Gerusalemme nel 58, la sua prigionia a Cesarea di Palestina (58-60), il suo trasferimento a Roma e i due anni di prigionia in questa città (61-63). Essendo per nascita cittadino romano, era sfuggito al processo intentato dalle autorità giudaiche, appellandosi, come cittadino romano, al tribunale dell'imperatore. Non abbiamo però informazioni sul lavoro di evangelizzazione degli altri missionari. Si ritrova la traccia di Pietro a Roma, dove morì durante la persecuzione scatenata da Nerone (verso il 64) contro i cristiani abbastanza numerosi in città. Paolo vi fu suppliziato nello stesso periodo di tempo. Questa ventata di violenza era però localizzata in Roma. Le chiese proseguirono la loro avanzata nonostante l'assenza di qualsiasi statuto legale che avrebbe conferito ad esse il privilegio di «religione autorizzata». Il reclutamento e il funzionamento interno delle loro riunioni che si tenevano ogni domenica, aveva fatto superare qualsiasi barriera di razza, di nazione, di lingua e di classe sociale. Il loro rifiuto del culto all'imperatore, dal quale erano dispensati solo i Giudei a motivo del loro statuto particolare, poneva i cristiani in una strana situazione, che finì per attirare l'attenzione della polizia imperiale. Vi fu una persecuzione in Oriente alla fine del regno dell'imperatore Domiziano (verso il 195). Ma all'inizio del II secolo i loro gruppi locali erano già numerosi come le comunità giudaiche in contrade come la Siria e l'Asia Minore: una lettera di Plinio il Giovane all'imperatore Traiano (verso il 110) lo attesta per la provincia romana della Bitinia.

Il Cristianesimo, quindi, si staccò solo a poco a poco dall'ambito giudaico. La spaccatura definitiva fu causata, da un lato, dal ruolo e dalla dignità attribuiti alla persona di Gesù nella fede cristiana, dall'altro, all'ingresso massiccio di persone venute dal paganesimo nelle chiese locali.

Negli anni 80 le autorità responsabili del Giudaismo riorganizzato scomunicarono ufficialmente tutti i giudei divenuti cristiani, privandoli così dello statuto civile che li aveva protetti fino a quel momento. Quanto alle autorità romane e agli scrittori pagani, dimostrarono per i cristiani un'attenzione mista di disprezzo e di malevolenza solo quando le loro comunità locali ebbero raggiunto un discreto sviluppo, oppure quando entrarono in conflitto con i giudei. In pratica, quindi, solo la documentazione cristiana ha fornito informazioni sulla vita e il funzionamento delle chiese nel primo secolo. Va da sé che esse vi sono viste dall'interno, partendo dall'esperienza e, in genere, senza alcuna preoccupazione di propaganda diretta. Il reclutamento di nuovi credenti non avveniva allora per mezzo di una letteratura simile a quella delle sette filosofiche. Si realizzava soprattutto attraverso il contatto diretto e la testimonianza orale, che permettevano di far conoscere la nuova fede a coloro che potevano essere attirati dal messaggio evangelico oppure che capivano di poter in esso placare la loro inquietudine religiosa. L'amore fraterno fra i cristiani faceva il resto.

(Da: Pierre Grelot, Leggere la Bibbia, Piemme 1990).

IL LIBRO DELLA SACRA ALLEANZA

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IL LIBRO DELLA SACRA ALLEANZA
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Introduzione....................................................................................................................................... 2

La letteratura «funzionale» della religione giudaica................................................................ 2

La comunità di fede e le sue strutture sociali........................................................................ 2

L'approccio critico dei testi....................................................................................................... 4

I libri della Bibbia ebraica....................................................................................................... 4

I LIBRI DELLA LEGGE, O PENTATEUCO................................................................................... 6

Il contenuto..................................................................................................................................... 6

N. 1. La Genesi............................................................................................................................ 6

N. 2. L'Esodo............................................................................................................................... 7

N. 3. Il Levitico............................................................................................................................ 7

N. 4. Il libro dei Numeri............................................................................................................... 7

N. 5. Il Deuteronomio.................................................................................................................. 7

Dalle fonti scritte alle tradizioni orali.......................................................................................... 7

Che cosa si deve ricercare nelle tradizioni del Pentateuco................................................... 8

I libri dei Profeti.................................................................................................................................. 9

I « Profeti anteriori »...................................................................................................................... 9

N. 6. Il libro di Giosuè...................................................................................................................... 9

N. 7. Il libro dei Giudici............................................................................................................... 9

N. 8. I due libri di Samuele............................................................................................................... 9

N. 9. I due libri dei Re.................................................................................................................... 10

«I Profeti posteriori »................................................................................................................... 10

N. 10. Isaia................................................................................................................................. 10

N. 11. Geremia............................................................................................................................ 10

N. 12. Ezechiele............................................................................................................................ 11

N. 13. Il libro dei Dodici Profeti — Agglomerato di dodici piccole raccolte, senza ordine cronologico.................................................................................................................................................... 11

La lettura dei testi profetici......................................................................................................... 13

Gli « Scritti »..................................................................................................................................... 13

N. 14. I Salmi –.......................................................................................................................... 13

N. 15. Il libro di Giobbe —........................................................................................................ 14

N. 16. Il libro dei Proverbi........................................................................................................ 14

N. 17. Il libro di Rut —............................................................................................................. 14

N. 18. Il Cantico dei cantici –.................................................................................................... 14

N. 19. L'Ecclesiaste (o Qohelet) –............................................................................................. 14

N. 20. Le Lamentazioni —........................................................................................................ 15

N. 21. Ester –............................................................................................................................ 15

N. 22. Daniele –........................................................................................................................ 15

N. 23. Esdra-Neemia -.............................................................................................................. 15

N. 24. Due Libri delle Cronache —.......................................................................................... 15

I libri « deuterocanonici »........................................................................................................... 16

N. 25. Supplementi greci di Daniele —............................................................................................. 16

N. 26. Ester greco —................................................................................................................... 16

N. 27. Giuditta —........................................................................................................................ 16

N. 28. Tobia –............................................................................................................................. 16

N. 29. Due Libri dei Maccabei –................................................................................................... 16

N. 30. Libro della Sapienza –.......................................................................................................... 17

N. 31. Sapienza di Gesù figlio di Sira (o il Siracide) –........................................................................ 17

N. 32. Libro di Baruc –................................................................................................................. 17

La letteratura giudaica extrabiblica.............................................................................................. 17

 

Introduzione

Le Bibbie cristiane riprendono, in una prima parte che chiamano Antico Testamento, i libri sacri del Giudaismo. Allo scopo di rispettare maggiormente la fede dei Giudei e per sottolineare meglio l'unità di tutta la Bibbia, così come l'intende la fede cristiana, è preferibile però parlare del «libro della sacra alleanza». Il Nuovo Testamento diventerà allora il «libro della nuova alleanza».

 

La letteratura «funzionale» della religione giudaica

 

Ogni letteratura, orale o scritta, è «funzionale»: i suoi testi, cioè, svolgono determinate funzioni nella società, e le forme che essi assumono sono sempre in rapporto con le loro funzioni. Prendiamo, come esempio, alcune produzioni che attualmente vengono pubblicate:

quali funzioni svolgono nella società il Codice civile, i manuali di scienze fisiche, le canzoni, i romanzi, le cronache di politica estera, i volumi liturgici della Chiesa cattolica, la «Gazzetta ufficiale», le tragedie di Shakespeare che si rappresentano tuttora dopo quattrocentocinquant'anni, i testi di Marx, gli articoli dei settimanali scandalistici, i discorsi elettorali?

Come viene ideata la loro impostazione perché sia rispondente alle varie funzioni? Per quali motivi hanno successo o insuccesso? Perché la moda si evolve? Non si potrebbero individuare alcune costanti nei grandi «generi letterari?»

Altrettanti interrogativi di carattere generale sorgono a proposito della letteratura biblica: bisogna ricercarvi solo ciò che essa intende presentare, però l'interesse dei suoi testi può anche oltrepassare i limiti delle loro funzioni primitive.

Sostanzialmente si tratta di una letteratura esclusivamente religiosa, centrata sul dialogo fra Israele e Dio. Siccome però questo dialogo abbraccia la vita nella sua interezza, i testi religiosi che vi si riferiscono rivestono le forme più varie.

 

La comunità di fede e le sue strutture sociali

A differenza di molte società moderne, l'antico Oriente non faceva una distinzione netta fra società civile e società religiosa, anche in quei gruppi nei quali la società civile non possedeva alcuna autonomia politica.

Tutti i poteri e le funzioni, comunque distinti, erano subordinati al raggiungimento di uno scopo comune, nel quale il civile e il religioso si compenetravano. L'Islam attuale - per fare un esempio - è rimasto una società di questo tipo, attraverso alcuni accomodamenti pratici. Alcuni stati, nei quali l'ateismo e l'irreligiosità rappresentano l’ideologia ufficiale, di fatto si trovano nella stessa situazione.

Conseguentemente tutta la letteratura nata in seno alla società israelita ha un rapporto più o meno stretto con la sua attività religiosa, legata alle differenti funzioni sulle quali essa si articola.

 

Bisogna però tener conto di tre elementi per comprendere il processo di formazione della Bibbia.

In primo luogo, la religione d'Israele non ha una struttura identica a quella che prevale nelle società circostanti. Essa professa un monoteismo pratico che esclude il culto degli elementi cosmici divinizzati, degli spiriti intermedi, dei piccoli dèi locali. Il suo Dio, in quanto Dio unico, è ritenuto come virtualmente universale: estende il suo potere su tutta la creazione, su tutti i popoli, sulla storia umana, nella quale egli realizza il suo disegno. In questo disegno Israele occupa un posto a parte. In forza di una scelta misteriosa da parte di Dio, è divenuto il detentore di una rivelazione storica della quale i suoi antenati, e in seguito Mosè e i profeti, sono stati i mediatori. Dio lo ha stretto a sé per mezzo di un patto, «alleanza», e gli ha dato una regola di vita fissata nella sua Legge. Questa struttura d'alleanza costituisce la base della vita nazionale autentica, anche se il popolo e i suoi responsabili rischiano di discostarsene a livello pratico. È da qui che proviene il carattere spesso conflittuale della vita politica e religiosa, dibattuta fra le ripetute offensive del paganesimo circostante e la fedeltà a un ideale difficile.

Da qui si nota anche una selezione fra le creazioni letterarie che hanno potuto rispecchiare, nel corso degli anni, l'una o l'altra di queste correnti. La Bibbia è il frutto di questa selezione: i testi che sono sopravvissuti sono quelli nei quali si è riconosciuta l'autentica tradizione dell'«alleanza», sempre esigente, spesso riformatrice, a volte conservata in opposizione alle autorità ufficiali e al loro culto degradato.

In secondo luogo, le forme adoperate da questa letteratura si sono adattate alle strutture di una società che ha conosciuto molteplici mutamenti nel corso dei suoi diciotto secoli di esistenza. La «comunità credente» ha seguito infatti l'evoluzione della comunità nazionale. Da clan di stile tradizionale all'inizio, assunse la forma di una lega di tribù a partire dal soggiorno nel deserto sotto Mosè.

In seguito si presentò come una federazione di dodici tribù, dove l'organizzazione e il culto si adattarono alla vita agricola in Canaan. L'istituzione della monarchia le conferì presto la forma di uno stato federale unificato dal governo monarchico: Gerusalemme, capitale politica e religiosa, divenne il simbolo della sua unità. La creazione dei testi letterari trovò da allora i suoi artefici nei rappresentanti delle funzioni essenziali di una società divenuta complessa: il re, la corte con i suoi funzionari (scribi e consiglieri reali), i sacerdoti del Tempio e degli altri santuari, i profeti e altri individui ispirati, i cantori legati al culto.

Questo sistema funzionò durante tutta l'epoca monarchica (dal 1000 ca. fino al 587). Lo sconvolgimento dell'esilio e della diaspora riconcentrò successivamente i Giudei sulle loro comunità familiari e locali, con riunioni di preghiera ove il fasto del Tempio non esisteva più.

Il Giudaismo restaurato s'impostò quindi diversamente: la distinzione fra l'amministrazione politica con i suoi compiti specifici e la vita religiosa legata al culto, alla vita familiare, al mantenimento della tradizione nazionale e della Legge, fece la sua apparizione a partire dall'epoca persiana. Sacerdoti e cantori, scribi e maestri di sapienza, profeti e interpreti delle antiche Scritture, costituirono la struttura di quegli ambienti ove i testi furono raccolti, fissati, pubblicati, arricchiti: la produzione letteraria vi trovò un nuovo avvio. Contemporaneamente, la vita della comunità dispersa disponeva di numerosi centri: accanto a Gerusalemme i gruppi locali di Palestina, di Babilonia e presto di Alessandria, guadagnata alla lingua greca.

Infine, Israele si trovò sempre su un crocevia di culture e ne assimilò più di un elemento in una forma originale. Dopo l'insediamento in Canaan, l'eredità ancestrale dell'epoca seminomade entrò in simbiosi con la cultura dei Cananei, i quali a loro volta dipendevano in parte dall'eredità ricevuta dalla Mesopotamia. Il «classicismo» israelita, sotto Davide e Salomone, ricevette inoltre un apporto notevole dall'Egitto, nell'ambito dei generi narrativi e della sapienza pratica. L'influsso dell'Assiria, al tempo della sua più forte espansione, fu contrastato dai profeti attaccati alla tradizione autentica. Quello di Babilonia, al tempo dell'esilio, lasciò la sua traccia nell'opera dei profeti e dei sacerdoti: la tradizione giudaica era ormai abbastanza solida per trarre profitto da tutto senza perdere la sua identità. Successe la stessa cosa durante le epoche persiana e ellenistica: gli antichi generi letterari subirono in quel periodo sviluppi e trasformazioni che li adattavano ai bisogni di una società in evoluzione, in seno alla quale stava affermandosi una effettiva originalità religiosa e culturale. All'interno di questa «comunità credente», trasformata a più riprese, si è formata una certa ricchezza letteraria, esclusivamente religiosa nel suo orientamento di fondo.

 

L'approccio critico dei testi

Nel suo stato attuale la letteratura «funzionale» della religione giudaica si presenta come una raccolta di libri nettamente delimitati. L'unico criterio che guidò la loro conservazione, la loro presentazione finale e la loro lettura in seno alla comunità credente fu la loro attitudine a rappresentare la tradizione autentica, nazionale e religiosa al tempo stesso, o, più esattamente, la «Parola di Dio» che ne era il fondamento. A monte di questa idea vi è anche un riferimento implicito all'attività dei profeti come «porta-parola» di Dio, sospinti dal suo Spirito.

Ma questa accettazione dei libri nella lista ufficiale dei «libri santi» lascia intatti i problemi che, nell'epoca moderna, la critica letteraria e storica si è sforzata di chiarire. In molti casi, infatti, i libri rappresentano il risultato di un lavoro di formazione complesso e più o meno lungo. Alcune tradizioni orali sono state raccolte insieme e trascritte da alcuni autori. Documenti diversi sono stati combinati per formare complessi più vasti. Spesso è facilmente identificabile anche il lavoro dei redattori, dei glossatori, degli editori. Alcuni libri più recenti si trovano sotto molteplici forme, in ebraico e in greco.

La lettura critica tiene conto di questi fatti. Essa non contraddice l'antica lettura religiosa messa in atto dalle comunità giudaica e cristiana: vi introduce sfumature nuove. Non legge i libri in un modo uniforme, nella loro nuda testualità, cercando di comprendere ciò che essa suggerisce ancora al lettore moderno; fa invece emergere il rapporto di ciascun testo particolare con il suo ambiente d'origine; è attenta alle diverse funzioni assolte dai testi a seconda dell'evolversi della società ebraica, israelita e giudaica. In breve, intende mettere in evidenza prospettive che un tempo erano maggiormente trascurate oppure che non si aveva il mezzo di sottolineare nel corso della lettura, collocando i testi nel quadro esatto del suo tempo. Di seguito la Bibbia viene presentata nell'ordine secondo il quale essa conserva i suoi «libri santi».

 

I libri della Bibbia ebraica

Per presentare in tutte le sue componenti il «Libro della sacra alleanza», si cozza contro un ostacolo di carattere pratico: ne esistono due elenchi differenti. Il «Canone» ritenuto dalle autorità rabbiniche per la Bibbia ebraica generalmente viene seguito dalle edizioni protestanti. La Bibbia greca, invece, che la Chiesa primitiva ereditò dal Giudaismo alessandrino, è in possesso di un «Canone» allargato nel quale i libri vengono classificati secondo un ordine diverso e secondo altre categorie: è il metodo seguito dalle edizioni cattoliche.

Per rispettare le due tradizioni, la Tradizione ecumenica della Bibbia (1972-75) ha presentato prima tutti i libri del Canone ebraico, poi, di seguito, i «Deuterocanonici» (inseriti «secondariamente», cioè in un secondo tempo, nel Canone). Questo metodo ecumenico dissocia però certe categorie di libri che il loro genere letterario tenderebbe ad avvicinare a scapito dell'ordine cronologico della loro composizione. Ma non esiste una classificazione perfetta. Ecco l'elencazione generale, con le abbreviazioni usate per indicare nei riferimenti i singoli libri:

 

I. Libri della Legge (o Pentateuco = «cinque volumi»)

1. Genesi (Gn): origine della storia e epoca dei Patriarchi.

2. Esodo (Es): Mosè e uscita dall'Egitto, inizio della legislazione.

3. Levitico (Lv): raccolte di legislazione di origine sacerdotale.

4. Numeri (Nm): fine della legislazione e del soggiorno d'Israele nel deserto.

5. Deuteronomio (Dt): ripresa della legislazione e morte di Mosè.

 

II. Libri dei Profeti

  1. I «Profeti anteriori» (libri storici composti secondo lo spirito del Deuteronomio):
    1. 6.      Giosuè (Gs): installazione d'Israele in Canaan.
    2. 7.      Giudici (Gdc): epoca intermedia fra l'insediamento e la monarchia.
    3. 8.      Due libri di Samuele (1 Sam, 2 Sam): origine della monarchia fino a Davide.
    4. 9.      Due libri dei Re (1 Re, 2 Re): da Salomone fino alla distruzione di Gerusalemme.
  2. I «Profeti posteriori» (raccolte di predicazione profetica):
    1. 10.  Isaia (Is): raccolta composita, con l'impronta di molteplici autori.
    2. 11.  Geremia (Ger): raccolta più unificata, in parte biografica.
    3. 12.  Ezechiele (Ez): raccolta con tracce di un lavoro editoriale.
    4. 13.  I «Dodici» profeti (raccolte più brevi): Osea (Os), Gioele (Gl), Amos (Am), Abdia (Abd), Giona (Gio), Michea (Mic), Naum (Na), Abacuc (Ab), Sofonia (So) Aggeo (Ag), Zaccaria (Zc), Malachia (Ml). Tale raccolta non segue l'ordine cronologico.
    5. Gli «Scritti» (gruppo di libri senza unità di genere letterario)
      1. 14.   Salmi (Sai): raccolta di canti liturgici.

 

  1. 15.       Giobbe (Gb): dialogo di «sapienza» nella cornice di un racconto.
  2. 16.       Proverbi (Prv): collezione di raccolte di «sapienza».

- I «cinque rotoli»:

  1. 17.       Rut (Rt): novella che mette in scena un antenato del re Davide.
  2. 18.       Cantico dei cantici (Ct): raccolte di canti di amore.
  3. 19.        Ecclesiaste o Qoelet (Qo): riflessioni pessimiste di un «sapiente».
  4. 20.        Lamentazioni (Lam): canti di lamento sulla rovina di Gerusalemme.
  5. 21.        Ester (Est): romanzo ambientato nel tempo del re persiano Serse I.
  6. 22.        Daniele (Dn): racconti edificanti e apocalissi rapportate a Daniele.
  7. 23.        Esdra e Neemia (Esd, Ne): storia del Giudaismo al tempo dei Persiani.
  8. 24.        Due libri di Cronache (1 Cr, 2 Cr): dalle origini alla distruzione di Gerusalemme (Esdra e Neemia ne sono la continuazione).
  9. IV.          Libri «deuterocanonici»
  10. 25.       Supplementi greci al libro di Daniele.
  11. 26.       Rimaneggiamento greco del libro di Ester.
  12. 27.        Giuditta (Gdt): romanzo collocato fittiziamente al tempo degli Assiri.
  13. 28.        Tobia (Tb): romanzo «sapienziale» situato in modo artificioso nella Media al tempo degli Assiri.
  14. 29.        Due libri dei Maccabei (1 Mac, 2 Mac): storia della guerra d'indipendenza di due autori differenti.
  15. 30.        Libro della Sapienza (Sap): attribuito a Salomone ma composto in greco.
  16. 31.                   Sapienza di Gesù figlio di Sira (Sir), oppure Ecclesiastico (tradotto dall'ebraico).
  17. 32.                   Libro di Baruc (Bar): attribuito artificiosamente al segretario di Geremia, seguito da una Lettera di Geremia, composta tardivamente.

 

Questa presentazione è artificiosa, ma quella della Bibbia greca lo è più ancora; inoltre inganna circa la natura di alcuni libri (ogni racconto è classificato come storico). È utile conoscerla, perché è quella seguita nelle Bibbie cattoliche.

 

  1. Libri legislativi e storici (nn. 1-5 dell'elenco precedente; 6-9, con l'inserzione del n. 17 dopo il n. 7; 23 e 24 rimessi nel loro ordine normale; 26-29).
  2. Libri poetici e sapienziali (nn. 15; 14, attribuito a David; 16, 19, 18, 30, attribuiti a Salomone; 31).
  3. Libri profetici (nn. 13, posto all'inizio; 10, 11, con in appendice i nn. 20 e 32; 12; 22, con i supplementi di 25).

 

Seguendo la prima elencazione, si darà di seguito un'informazione su ciascun libro, sul genere o generi letterari, sui problemi che esso può porre, e sull'interesse che può avere per il lettore.

Sarebbe ideale un'altra impostazione: seguire storicamente lo sviluppo della letteratura. È però più complicato e meno facilmente permetterebbe di ritrovarsi in una Bibbia.

 

I LIBRI DELLA LEGGE, O PENTATEUCO

 

Il contenuto

La divisione della Legge in cinque volumi (da qui il nome greco di pentateuco) deriva da una necessità materiale. Anticamente i testi venivano copiati su rotoli di pelle: le scoperte di Qumran ce ne danno un'idea esatta.

Il testo della Legge è stato perciò suddiviso in cinque sezioni di lunghezza pressappoco identica, tenendo conto di divisioni logiche per la prima e la quinta.

In Israele e nel Giudaismo la parola Torah, da noi tradotta Legge, non aveva un significato puramente giuridico: designava l'insegnamento che il popolo aveva ricevuto da Dio attraverso i suoi sacerdoti in rapporto alla condotta pratica della vita, sia nell'ambito della preghiera e del culto, sia in quello della morale, delle istituzioni e del diritto.

La Legge ha due caratteristiche originali:

Innanzi tutto viene rapportata interamente a Mosè in quanto mediatore dell'«alleanza» fra Dio e il suo popolo. Tutti i rimaneggiamenti avvenuti nel corso dei secoli sono stati ricondotti a lui: nessun re mai vi ha aggiunto il proprio nome, contrariamente a quanto è accaduto per gli antichi codici orientali, dei quali conosciamo i patrocinatori (per es. il Codice di Hammurabi, XVII sec., al Museo del Louvre).

Inoltre tutta la legislazione è intimamente legata ad un grande racconto di «storia sacra» che si propone di basarla sull'autorità di Dio e, più di una volta, di illustrarne le disposizioni. È per questo che il Pentateuco abbina due tipi di materiale letterario: codici di ogni genere e racconti che li inquadrano. Quanto alla storia sacra, essa si propone un obbiettivo ben preciso: non racconta la storia degli uomini in cerca di Dio, ma piuttosto la storia di Dio alla ricerca degli uomini.

Ricorre quindi ad artifici letterari per presentare sulla scena Dio come personaggio principale. Nondimeno insiste sulla libertà e la responsabilità degli uomini nel dramma che si svolge quaggiù.

 

N. 1. La Genesi

(« Libro delle origini ») evoca in primo luogo attraverso grandi linee l'inizio del « disegno di Dio » sugli uomini, dalle origini del mondo e dell'umanità (cc. 1-11) fino al momento nel quale questo disegno emerge nella sua chiarezza con la « vocazione » del patriarca Abramo. Evidenzia poi la scelta di una stirpe che darà origine al popolo d'Israele suddiviso in 12 tribù (Gn 12-50). In forma aneddotica, le tradizioni raccolte in un insieme seguono le orme dei patriarchi dalla Mesopotamia fino in Canaan e in Egitto. Conservano un vivo ricordo della sociologia e delle usanze che caratterizzavano gli antenati d'Israele nel periodo della loro vita seminomade.

Letture. Nel complesso il libro si presenta facile: ha il fascino dei racconti orientali. Possiamo selezionare: le origini del dramma umano (Gn 2,18-3,24: racconto simbolico che pone all'inizio della storia il prototipo del peccato); la leggenda del Diluvio (Gn 6,5-9,17: ripresa di un'antica epopea mesopotamica, purificata dal politeismo); la prova della fede (Gn 22, 1-19: racconto carico di emozione, che ha fornito il tema di un libro al filosofo danese Kierkegaard: Timore e tremore); il romanzo di Giuseppe (Gn 37, 2-36; 39-47: evocazione romanzata della discesa degli Ebrei in Egitto grazie ad un adolescente venduto che diventa primo ministro).

 

N. 2. L'Esodo

(« Libro dell'uscita dall'Egitto ») riprende il filo della storia allorché i clan israeliti furono sottomessi ai lavori forzati e minacciati di annientamento. Storia meravigliosa della liberazione sotto la guida di Mosè: è la lotta di Dio contro il Faraone (Es 1-15). Ha inizio poi il lungo peregrinare del popolo nelle steppe del Sinai: un rito di alleanza con Dio gli fa prendere consapevolezza della sua esistenza e della sua vocazione nazionale (Es 16-34). In questa cornice si collocano i primi documenti legislativi, particolarmente la costruzione di un santuario portatile, prototipo del Tempio giudaico (Es 35-40).

Letture. I testi narrativi si presentano relativamente facili, per esempio: il racconto della vocazione di Mosè (Es 3-4); il passaggio del mare, ove culmina l'epopea della liberazione (Es 13,17-15,21); il Decalogo, documento di una condotta degna di Dio (Es 20,1-17); il rito dell'alleanza (Es 24).

 

N. 3. Il Levitico

racchiude esclusivamente leggi di origine sacerdotale che fanno seguito all'Esodo: rituale dei sacrifici tradizionali, investitura dei sacerdoti, norme di purezza rituale, codice riformatore denominato « Legge di santità » a motivo del suo principio fondamentale: « Siate santi, come io, Jahvé, sono santo» (Lv 19,2). Possiamo saltare questo libro per una prima lettura.

 

N. 4. Il libro dei Numeri

(oppure del censimento) riprende il racconto della traversata del deserto, con l'aiuto di aneddoti che mostrano Israele come un « popolo dalla dura cervice ». Il racconto è inframmezzato da leggi religiose e rituali; guida Israele fino al di là del Giordano.

 

N. 5. Il Deuteronomio

(o « seconda Legge ») è servito come documento al tentativo di riforma del re Giosia. Si presenta come una serie di discorsi di Mosè: esortazione alla fedeltà (Dt 1-11), promulgazione del Codice (Dt 12-28), finale della storia che conduce fino alla morte di Mosè (Dt 29-34).

Letture. I Giudei ne hanno ricavato il testo della loro professione di fede (Dt 6,4-13). Esempi di leggi sociali: Dt 23,16-26; 24,6-22: la preoccupazione della giustizia e della solidarietà fraterna come base della vita sociale è fortemente sottolineata.

 

Dalle fonti scritte alle tradizioni orali

Nella sua forma attuale il Pentateuco è stato fissato nel V secolo da Esdra. È possibile individuarvi fonti scritte abilmente combinate, che si raggruppano intorno a quattro fili conduttori: il blocco del Deuteronomio e tre « storie sacre » alle quali sono collegati codici diversi.

Una storia sacra « giudea » (designata dai critici con la sigla J) è stata redatta in fasi successive sotto David e soprattutto sotto Salomone. Si prolungava, con racconti episodici, fino alla storia della successione di David. Dio vi era designato, fin dalle origini, con il nome liturgico di Jahvé. Ha inaugurato il genere letterario della « storia sacra » che non ha un suo esatto equivalente nelle culture dell'antichità. Una storia sacra scritta in Israele verso l'ottavo secolo indica Dio con Elohim, da cui il nome di Eloista (sigla E). Porta il segno di un forte influsso profetico. Questi due documenti sono stati fusi insieme verso la fine dell'ottavo secolo, dopo la distruzione di Samaria, allorché alcuni rifugiati del Nord ripiegarono su Gerusalemme: la fusione J-E attestava l'unità delle tradizioni del Nord e del Sud. Una storia sacra di origine sacerdotale (sigla P, dalla parola tedesca Priesterkodex , « codice sacerdotale ») riprese a grandi linee lo schema antico per fornire una giustificazione alle leggi sacerdotali, probabilmente verso la fine dell'esilio in Babilonia. La conservazione sostanziale degli antichi documenti, abilmente sistemati dagli scribi e non sostituiti da composizioni nuove, dimostra il loro rispetto della tradizione. Questi stessi documenti non sono stati inventati in tutte le loro articolazioni. I loro redattori hanno raccolto insieme le tradizioni orali che custodivano nei santuari, fra le tribù, i clan, ecc.  tutto il patrimonio nazionale dei ricordi, delle usanze, dei riti, delle credenze religiose, delle regole di comportamento morale.

A questo stadio culturale, che gli etnologi conoscono come ancora esistente nell'Africa tradizionale, in America del Sud, in Oceania, non appartiene solo la storia di altri tempi, ma anche tutto il bagaglio indispensabile per la vita sociale che così viene trasmesso in canti, in proverbi e favole, in racconti ove sopravvive la figura degli eroi di un tempo, in epopee che fanno vibrare la sensibilità popolare, in raccolte di casi giuridici, in rituali minuziosamente conservati, in usanze la cui origine precisa si perde nella notte dei tempi. Sono queste le tradizioni del Pentateuco, raccolte da uomini preoccupati dell'interpretazione religiosa della loro storia nazionale; diffondevano con esse anche tutta la civiltà antica. È con questo spirito che devono essere lette.

Letture. Come esercizio si possono esaminare alcuni testi capaci di far conoscere il carattere particolare dei documenti presentati qui. Per "J" possiamo esaminare: Gn 2-3 (il dramma delle origini), Gn 24 (il matrimonio di Isacco), Nm 11, 1-15.18-22.31-34 (le prove del deserto). Per "E" possiamo scegliere: Gn 22 (la prova di Abramo), Es 32 (il vitello d'oro, predicazione immaginosa contro la paganizzazione del culto israelita). Per "P": Gn 1,1-2,4 (presentazione liturgica dell'at­to creatore, nel quadro della settimana). "J" e "P" sono frammisti in Gn 6,5-9,19 (si possono separare i due fili conduttori). "J" e "E" sono frammisti in Es 2-3 (vocazione di Mosè). Possono distinguersi tre fili conduttori in Es 13,17-14,31 (la separazione delle fonti si presenta difficile, però il lettore avverte le asprezze della composizione).

 

Che cosa si deve ricercare nelle tradizioni del Pentateuco

II materiale giuridico presenta un contenuto assai chiaro. I Codici sono raccolte di diritto consuetudinario e offrono norme pratiche per l'organizzazione della vita sociale e del culto. I discorsi che li accompagnano nel Deuteronomio mostrano quale era la predicazione dei sacerdoti in un tipo di culto ove il diritto civile non era separato dalla religione. Ecco i codici principali: il Codice dell'Alleanza (Es 20,22- 23,33) raccolto insieme nel nord fra i secoli XI e VIII e poi incorporato nella storia eloista (E); il Codice deuteronomista (Dt 12-28), redatto in due riprese nel sec. VIII e intorno al 722; la Legge di santità (Lv 17-26), redatta fra il 622 e la fine del sec. VII ma completata in seguito; i diversi Codici sacerdotali, redatti per raccogliere le antiche usanze dopo la distruzione del Tempio (587). Attraverso essi possiamo seguire la storia della società israelita, delle sue istituzioni e del suo culto. La situazione è assai diversa per le tradizioni narrative. Il lettore moderno si metterebbe nel torto se vi ricercasse una storia sistematica dell'antichità. Mentre, è tutta la saggezza pratica necessaria alla società israelita che esse presentano sotto forma di racconti: riflessioni sul destino umano e sui rapporti fra gli uomini e Dio, concezione della famiglia e della solidarietà sociale, regole di condotta morale (a volte ancora grezze), concezione su Dio contrapposta ai paganismi ove le forze della natura erano divinizzate, esempi di preghiera forniti dagli antenati, ecc... Si deve quindi oltrepassare la superficie aneddotica e cercare la punta di ogni racconto: i loro generi letterari diversificano a seconda degli insegnamenti che intendono impartire. Partendo da questa prima lettura, lo studio critico può in seguito ritornare sui materiali adoperati per reperire le indicazioni storiche che essi racchiudono: per esempio, nei nomi di persone, di luoghi, di popoli, negli itinerari, nelle allusioni alle usanze antiche, nelle grandi tappe dell'esperienza passata evocate in modo immaginoso, ecc. Dietro i fatti e le gesta degli eroi di un tempo si può individuare la storia di una società il cui ricordo è stato conservato secondo le convenzioni in uso nella cultura del tempo.

Questo riferimento storico dà luogo esso stesso ad una interpretazione che parte dall'impatto con i fatti per mostrarne il significato e le conseguenze: si tratta di una filosofìa religiosa della storia che prelude da lontano alla riflessione secolarizzata dei moderni.

 

I libri dei Profeti

 I « Profeti anteriori »

Questi libri costituiscono in realtà una lunga storia d'Israele. La loro redazione porta il timbro del Deuteronomio. È una storia redatta in appoggio alla riforma della quale si presentava come il documento. Dimostrano quindi che Israele ha subito sempre le conseguenze delle sue infedeltà a Dio e alla sua Legge, ma che ha beneficiato dei doni di Dio allorché è rimasto fedele. Il titolo dato al complesso riflette l'importanza dei profeti nella storia d'Israele: ha una risonanza maggiore di quella dei responsabili politici e perfino dei re. Ma gli storici « deuteronomisti » hanno fatto ricorso a fonti più antiche, sebbene la loro dimostrazione offra materiale di grande valore, purché si sappia interpretare validamente.

 

N. 6. Il libro di Giosuè

presenta l'ingresso d'Israele nella « terra promessa » come una conquista realizzata sotto la guida di Giosuè, successore di Mosè (Gs 1-12). Offre un catasto della « terra santa » assai prezioso per i geografi e gli storici (Gs 13-21). Termina con la separazione delle tribù e con il racconto dell'alleanza rinnovata nella terra di Canaan (Gs 22-24).

Letture. I racconti relativi alla guerra santa, assai brutale nelle sue forme, si ispirano alle tradizioni epiche che hanno potuto rivestire una forma poetica, come lo si può constatare per la battaglia di Gabaon (Gs 9,1-10,27). Discorso finale di Giosuè che riassume la storia sacra e introduce il rituale del patto concluso a Sichem.

 

N. 7. Il libro dei Giudici

raccoglie episodi i cui eroi sono governatori o condottieri militari. È il « medioevo » israelita, dedito a battaglie difensive e offensive contro tutti i popoli circostanti, bramosi della « terra promessa ». L'epoca è dura e le guerre sono senza ricompensa. I capi che vengono alla ribalta per liberare Israele sono presentati come individui ispirati, sul tipo dei profeti.

Letture. Canto guerresco di Debora (Gdc 5: antico poema del secolo XI). Il primo tentativo di instaurare la monarchia ricopiato sull'ambiente cananeo (Gdc 9: il racconto conserva una favola la cui « morale » dimostra l'ostilità degli Israeliti verso strutture politiche che asservivano).

 

N. 8. I due libri di Samuele

presentano, all'inizio, il profeta al quale è dovuta la consacrazione religiosa della regalità israelita al tempo in cui i Filistei avevano sottomesso tutte le tribù. Continuano con la storia di Saul, il re tragico, e di David, l'eroe nazionale la cui vecchiaia viene offuscata da incresciose liti familiari. Con il progredire, il racconto si avvicina alla narrazione storica così come è stata messa in atto in Grecia alcuni secoli più tardi oppure dai cronisti nel nostro medioevo. La realizzazione del disegno di Dio nella storia dei primi re serve da filo conduttore; l'autore però descrive con imparzialità i fatti dei quali è stato testimone a partire dal regno di David: il suo eroe non ne esce completamente discolpato. I profeti Samuele e Natan giocano un ruolo importante per l'interpretazione religiosa della storia. Ritocchi « eloisti » hanno introdotto una nota più riservata sull'istituzione monarchica.

Letture. I due libri sono facili, a volte appassionati e appassionanti, scritti con arte consumata: Saul è alla ricerca delle asine e trova la dignità regale (1 Sam 9-10). Saul in guerra va a consultare la pitonessa di Endor (1 Sam 28,3-25: scena di spiritismo e annuncio di morte). La promessa del profeta Natan (2 Sam 7,1-17: punto di partenza della speranza religiosa agganciata alla dinastia di David). Natan censore del re adultero (2 Sam 11,1—12,25). La morte del figlio ribelle (2 Sam 18,1-19,15).

 

N. 9. I due libri dei Re

continuano i precedenti: raccontano la storia dei regni d'Israele e di Giuda fino a dopo la distruzione di Gerusalemme (587). L'interpretazione della storia, ispirata dal Deuteronomio, vi emerge in modo assai netto; ma fonti più antiche vengono riprodotte integralmente a proposito del regno di Salomone, dei profeti Elia e Eliseo (IX sec.), del profeta Isaia (VII sec.), della riforma di Giosia (622). Alcune informazioni sono dedicate ad ognuno dei re dei due stati, ma la politica internazionale interessa gli autori solo in funzione del destino d'Israele nel disegno di Dio.

Letture. La storia di una rivoluzione politica ispirata da motivi religiosi: quella di Jehu (2 Re 9-10). Il profeta Eliseo e la sua reputazione di taumaturgo (2 Re 4-5: racconti popolari provenienti dai circoli profetici organizzati presso i santuari).

 

 «I Profeti posteriori »

Questi libri contengono la predicazione dei profeti, sia nell'ambito dei santuari finché ve ne furono nel paese, sia presso i re e i responsabili politici. Uno solo è di carattere narrativo (Giona). I loro testi sono disseminati lungo un arco di tempo che va dal sec. VIII al sec. IV. Sono citati qui secondo l'ordine della loro raccolta, che non corrisponde all'ordine cronologico. Spesso sono stati rielaborati e glossati nel corso della loro trasmissione: non si può tener conto di questo complicato fenomeno.

 

N. 10. Isaia

Libro complesso: il lavoro di numerosi autori si è agglomerato intorno a quello del profeta dell'ottavo secolo (dal 740 fin quasi al 700). Profeta ufficiale che consiglia i re, ma che si scaglia violentemente contro la loro politica estera e contro tutte le ingiustizie sociali, attaccato a Gerusalemme e al Tempio ma anche censore implacabile di un culto superficiale, Isaia ha aperto la strada all'attesa del Messia regale. I suoi discorsi e i suoi oracoli, contrassegnati da uno stile nervoso dalle immagini eclatanti, figurano nella I Parte del libro (soprattutto Is 1-12; 14,28 - 23,18; 28,1-32,14; 36-39, ad eccezione di complementi e glosse da parte di editori). La II Parte del libro (Is 40-55) è un « Messaggio di consolatone » rivolto ai Giudei alla fine dell'esilio, fra il 545 (prime vittorie di Ciro) e il 515 (ricostruzione del tempio). Discorsi, oracoli e inni annunciano che Dio salverà il suo popolo. La missione di capo e mediatore di salvezza è portata avanti qui da un « Servo di Jahvé » prestigioso, ma alla fine sofferente. La III Parte (Is 50-66) si trova nel contesto delle gioie e delle delusioni della restaurazione, dopo l'editto di Ciro: l'attenzione si concentra su Gerusalemme e sul Tempio. Vi si risente l'eco della II Parte in un dittico che presenta il Giudizio di Dio su Edom e la Salvezza promessa ai Giudei liberati (Is 34-35). Un gruppo di poemi riprende questi due stessi temi a proposito della rovina di una Città perversa (Is 24-27): la loro data è incerta (fra il 485 e il III secolo). La diversità degli autori e delle date fa del libro di Isaia una « Somma » del profetismo.

Letture. Scelta difficile in ognuna delle sezioni. D'Isaia possiamo ritenere: la vocazione (Is 6), la predicazione contro Gerusalemme resasi colpevole (Is 1), il Cantico allegorico della Vigna (Is 5,1-7), il vibrante annuncio del re futuro (Is 11,1-9). Del Messaggio di consolazione: l'inizio trionfale (Is 40,1-11), l'esortazione alla speranza (Is 41,8-16), la presentazione del Servo di Jahvé (Is 42,1-7) e il suo discorso autobiografico (Is 49,1-6), il canto del Servo sofferente (Is 52,13-53,12: la sua sofferenza e la sua morte assumono un valore salvifico per gli uomini. L'idea è ripresa nel NT). Dalla III Parte: la fiducia in Gerusalemme e nel suo Tempio (Is 60).

 

 

N. 11. Geremia

è il più noto fra i profeti, a motivo dei passi autobiografici del suo libro e per i racconti aggiunti dal suo segretario Baruc diretti a difendere la di lui memoria e ad assicurarne il prestigio. Poeta di un discreto lirismo, veemente predicatore prima della riforma di Giosia (622), Geremia fu coinvolto in tutti i tragici avvenimenti che si susseguirono dopo la morte di questo re (609). Il suo conflitto permanente con tutte le autorità civili e religiose mette in evidenza la tensione fra la preoccupazione dello spirituale, caratteristica del profeta desideroso della conversione nazionale, e la politica della corte vista dai re e dai loro consiglieri nel mezzo di una crisi internazionale. Durante lo spazio di 20 anni Geremia predice la catastrofe che annienterà lo stato, la città e il Tempio. Ne derivano per lui seccature, arresti ed anche pericolo di vita. È il periodo dei due assedi di Gerusalemme. Morì in Egitto, trascinatovi contro la sua volontà da Giudei fuggiaschi che avevano assassinato il governatore nominato dai Babilonesi. La sua azione, però, porterà frutti durante l'esilio.

Letture. Il libro ha solo poche aggiunte. Sarebbe più accessibile se i suoi brani fossero in ordine. Possiamo ricordare: il racconto autobiografico della vocazione (Ger 1) e i lamenti del profeta perseguitato (Ger 20,7-18); un discorso di rimproveri contro Israele ove si noterà un fiorire di simboli (Ger 2,1-13); il discorso sulla distruzione del Tempio (Ger 7,1-15) di cui Baruc ha raccontato le conseguenze (Ger 26); l'aperto conflitto fra il profeta e il re (Ger 36) e il suo arresto durante il secondo assedio di Gerusalemme (Ger 37,11—38,28); alcuni passi del messaggio di speranza che acquista pieno significato dopo la fine di Gerusalemme (Ger 31,2-9; 31,10-14 e 31,31-34).

 

N. 12. Ezechiele

 appartiene come famiglia al sacerdozio di Gerusalemme e viene deportato nel 598. Fino al secondo assedio della città predica la penitenza e annuncia il castigo (Ez 1-24). Dopo la distruzione diventa un annunciatore di speranza (Ez 33-38). Fra queste due parti del libro gli editori hanno inserito gli « oracoli contro le nazioni pagane » (Ez 25-32). Nel finale il profeta delinea un piano per il futuro; qui le direttive pratiche si mescolano con l'Utopia (Ez 40-48). Alcune amplificazioni del testo sono dovute ai suoi editori. Prolisso nello stile, dotato di un'immaginazione debordante, Ezechiele inaugura ufficialmente il genere letterario delle « visioni spiegate » e fa ricorso ai mimi simbolici. La sua poesia a volte mescola insieme l'arte barocca e il surrealismo.

Letture. Racconto di vocazione con immagini bizzarre (Ez 2,1-21), preceduto da una visione ancora più strana (Ez 1). Racconto di mimi che sono profezie in azione (Ez 4,1-5.6; 12,1-20). Allegoria della Trovatella che simboleggia Gerusalemme e il suo popolo (Ez 16: le immagini realistiche non sono troppo forti per denunciare i peccati di Giuda infedele). Elegia sulla distruzione di Tiro (Ez 27,1-9.25-36: la città viene paragonata ad un'imbarcazione d'alto mare in procinto di affondare). L'allegoria del buon Pastore (Ez 34,11-31: Dio si preoccuperà del suo popolo come un pastore del suo gregge). L'allegoria delle ossa aride (Ez 37,1-14: risurrezione simbolica d'Israele).

 

N. 13. Il libro dei Dodici Profeti — Agglomerato di dodici piccole raccolte, senza ordine cronologico.

 

a) Osea, l'unico profeta originario del Nord (fra il 740 e il 722), denuncia soprattutto le infedeltà religiose d'Israele e dei suoi re, e il ritorno al paganesimo cananeo ove si adora il Baal (= il « Padrone », dio della fecondità il cui culto comportava la prostituzione sacra). Trasponendo la sua esperienza coniugale fallimentare, Osea introduce nei temi religiosi d'Israele il simbolo dell'amore umano, per presentare l'alleanza fra Dio e il suo popolo. Ma egli è anche il profeta della misericordia: Dio, Sposo beffato d'Israele adultero, è disposto a perdonare.

 

b) Gioele è un profeta legato al culto; la sua data è incerta (probabilmente il V secolo). Un nugolo di cavallette, flagello per l'agricoltura, è immagine del Giudizio di Dio. Ma il finale del libro è una promessa di speranza.

 

c) Amos è un Giudeo che esercita il suo ministero presso il santuario reale del Nord, a Bethel, verso il 750. Vi denuncia con coraggio le ingiustizie sociali che rendono il culto privo di significato. Preannunciando catastrofi politiche, segni del Giudizio di Dio, estende la sua valutazione anche alle nazioni circostanti, colpevoli di « crimini contro l'umanità ». Con lui si assiste all'inizio del conflitto fra il profetismo e il sacerdozio « costituito », troppo sottomesso al potere reale. Funzionario del re di Giuda, conduce una lotta decisa contro i privilegi di classe, in nome di Dio, difensore dei poveri.

Letture. Condanna delle nazioni colpevoli contro il « diritto delle genti » (c. 1,9-10.13-14). Condanna dei ricchi che opprimono i poveri (c. 5,7-13; 6,1-17). Conflitto fra il profetismo e il sacerdozio (c. 7,10-17; con la consapevolezza della sua vocazione profetica).

 

d) Abdia — Breve predicazione diretta contro gli Edomiti, popolo fratello d'Israele, che ha applaudito alla distruzione di Gerusalemme (inizio del secolo V).

 

e) Giona — Racconto didattico impostato in vista di una severa lezione (V secolo). Giona, tipo del Giudeo sciovinista, riceve l'ordine di predicare la penitenza a Ninive, tipo della Città pagana. Si dà alla fuga, ma Dio lo riconduce al suo dovere (è famoso l'episodio della pseudo-balena, preso in prestito dal folklore). Ora, Ninive si converte, contrariamente a Gerusalemme che ha subito le conseguenze della sua impenitenza. Tutto sfocia su una lezione di universalismo religioso senza barriere: Dio ama egualmente tutti gli uomini.

Letture. Il libretto è di facile lettura, ma è necessario individuare le lezioni soggiacenti alla favola piena di ironia.

 

f) Michea - Contemporaneo di Isaia (VIII sec.). Campagnolo dalla parola rude, tutto preoccupato della giustizia sociale, preannuncia nel Nord la distruzione di Samaria e predice la stessa sorte a Gerusalemme se non realizzerà una conversione nazionale. Questa predicazione frutta un tentativo di riforma all'inizio del regno di Ezechia, nel 716. La piccola raccolta è stata completata da editori posteriori.

Letture. Discorsi contro le ingiustizie sociali (Mic 2,1-5; 3,1-4; 6,9-14). Annuncio della distruzione delle capitali Samaria (1,2-7) e Gerusalemme (3,9-12). Il Regno di Dio porterà la pace (4,1-5).

 

g) Naum - Libretto breve comprendente un Salmo e oracoli profetici, in occasione del crollo dell'impero assiro e della caduta di Ninive, capitale, occupata nel 612 dai Babilonesi alleati dei Medi: l'oppressore d'Israele subirà a sua volta il Giudizio di Dio a causa degli sconvolgimenti della storia mondiale.

 

h) Abacuc - Babilonia mette in atto il Giudizio di Dio sul popolo di Giuda; ma il profeta si domanda: perché Dio permette che i malvagi trionfino? I giusti possono rifugiarsi solo nella fede.

 

i) Sofonia - Dopo l'umiliazione nazionale e la completa decadenza religiosa che hanno contrassegnato il regno di Manasse a Gerusalemme (prima metà del VII secolo), il profetismo si rianima sotto Giosia (dopo il 640). Sofonia predice la venuta del « Giorno di Jahvé », giorno di Giudizio per i colpevoli, di speranza per gli umili attualmente schiacciati.

Letture. La minaccia del « Giorno di Jahvé » (Sof 1,2-9.14-18). Il testo ha fornito il tema del Dies irae, nella liturgia cattolica dei morti, sviluppato da molti musicisti del periodo classico.

 

j) Aggeo - Nel 520-519, 20 anni dopo l'editto di Ciro, questo profeta stimola il coraggio dei responsabili Giudei tornati dall'esilio, Zorobabele e il grande sacerdote Giosuè, in vista della ricostruzione del Tempio di Gerusalemme. Sarà inaugurato nel 515.

 

k) Zaccaria - Il libretto comprende due parti. Nella prima (cc. 1-8) un profeta contemporaneo di Aggeo porta avanti un'attività simile fra il 520 e il 515. Dal libro risulta che, durante questi anni, ebbe luogo un tentativo di restaurazione monarchica a favore di Zorobabele, principe della dinastia reale; il progetto però fallì. La seconda parte (cc. 9-14) racchiude testi estremamente oscuri che datano dall'epoca di Alessandro (cfr. n. 20).

Letture. Cfr. in Zc 9,9-10 la presentazione del Messia futuro come re pacifico (testo del Secondo Zaccaria).

 

I) Malachia - Probabile contemporaneo del riformatore Neemia. Profeta riformatore, apostrofa in pieno Tempio i sacerdoti infedeli o mediocri; annuncia la venuta del « Giorno di Jahvé » come giorno di Giudizio per i peccatori e di Salvezza per i giusti.

 

 La lettura dei testi profetici

II criterio fondamentale è identico a quello che riguarda tutti gli altri testi biblici: trattandosi di una letteratura « funzionale » di carattere religioso, bisogna rintracciare, per quanto è possibile, il quadro sociale e le circostanze concrete che hanno suscitato la composizione di ogni testo particolare. Seguendo queste coordinate, si deve individuare il rapporto fra la sua forma letteraria e la sua funzione. Letteratura impegnata, spesso combattiva, questo settore della Bibbia mai può essere dissociato dal suo quadro storico. Ma siccome gli uomini, con le loro violenze e le loro speranze, erano gli stessi al tempo dei profeti come lo sono oggi, i testi ci toccano ancora direttamente. E a noi che sono indirizzate le requisitorie, le esortazioni, i canti lirici, gli annunci di Giudizio, i richiami alla speranza, le perorazioni, gli inni al Dio unico, le invettive contro un mondo ingolfato nel peccato. Il lettore, al di là dell'analisi estetica, non può mai restare neutro: viene interpellato perché operi le sue scelte e imposti il suo futuro.

 

Gli « Scritti »

 

N. 14. I Salmi –

Raccolta dei canti liturgici del Tempio, comprendente 150 poemi lirici e messa sotto il patrocinio di David. Il loro nome deriva da una parola greca che indica i poemi accompagnati da musica.

Origine dei poemi. Trasferendo a Gerusalemme 1'« arca dell'alleanza », emblema tradizionale del comune culto delle dodici tribù d'Israele, David promosse lo sviluppo della liturgia, la quale, a partire da questo periodo, utilizzò liberamente le risorse artistiche e culturali di Canaan. Il Salterio si è quindi formato nei santuari, soprattutto in quello di Gerusalemme, per opera di corporazioni di cantori. I salmi dell'epoca reale sono stati raccolti durante l'esilio. Adattati, per mezzo di ritocchi, al culto del secondo Tempio (a partire dal 520-515), furono radunati insieme in raccolte poi riunite in un libro prima della loro traduzione in greco (III secolo).

Funzioni e forme letterarie dei Salmi. Tenuto conto della loro destinazione esclusivamente religiosa, i Salmi presentano una varietà di generi cosi multiforme come quella della poesia greca, latina o francese. La loro funzione nella liturgia israelita e giudaica è percettibile attraverso i temi e i « movimenti » della preghiera che essi esprimono: inni a Dio, lodi e ringraziamenti, suppliche individuali e collettive, preghiere di pentimento o di fiducia, meditazioni e istruzioni di carattere sapienziale, canti di pellegrinaggio e celebrazioni del Regno di Dio, preghiere per il re, divenute dopo l'esilio appelli al regno del Messia futuro, canti per le liturgie sacrificali e per le feste. A partire dall'epoca persiana, i poeti del Salterio si ispirano volentieri alle antiche Scritture che essi conoscono a mente. Qui, come in tutte le letterature, bisogna lasciarsi condurre dalla immaginazione e dalla sensibilità degli autori per gustare le loro opere. Ma per intuirne l'interesse attuale, è necessario tener conto del sentimento religioso che le ispira: ciò è valido per ogni tipo di poesia religiosa.

Letture. La scelta si presenta difficile se si pretende un esempio per ogni genere letterario. Inno: Sal 8. Canto di lode: Sal 146. Benedizione del Dio misericordioso: Sal 103. Ringraziamento del re dopo una vittoria: Sal 18. Supplica individuale nell'angoscia: Sal 22 oppure 69 (salmi applicati alla Passione di Gesù nel NT). Salmo di fiducia: Sal 23 oppure 91. Salmo di pentimento: Sal 51. Meditazione di un malato sulla morte: Sal 88. Riflessione storica sui peccati d'Israele: Sal 106. Istruzione sul vero culto di Dio: Sal 50. Canto di pellegrinaggio: Sal 122. Celebrazione del Regno di Dio: Sal 96. Can­to per la consacrazione del re Sal 2. Supplica collettiva del popolo perseguitato: Sal 74. Canto che accompagna la liturgia sacrificale: Sal 118. Espressione del desiderio di Dio: Sal 63. Riflessione sulla prosperità dei malvagi: Sal 73.

 

N. 15. Il libro di Giobbe —

Nel quadro di un racconto orientale che mette in scena un Giusto sofferente, l'autore sviluppa con ampiezza un dialogo lirico fra Giobbe e tre suoi amici, per riflettere sui problemi della sofferenza, della morte, del destino umano. Poesia ampia e ricca che tocca i problemi fondamentali dell'esistenza. Si fronteggiano tesi contrapposte. Alla fine interviene Dio stesso e invita Giobbe all'umiltà di fronte ad un problema che lo schiaccia e lo supera. Un editore ha posto un correttivo alle audacie del libro in modo abbastanza maldestro (cc. 32-37). I temi del libro sono stati ripresi dai moderni, da Dostojevski (ne I fratelli Karamazov: discorso di Ivan ad Aliocha) a C. J. Jung (Risposta a Giobbe). È un grande classico della letteratura di tutti i tempi.

Letture. Lettura relativamente facile purché il lettore non sia pressato, poiché i temi si intersecano e si susseguono a ondate successive. Si consiglia: il lamento di Giobbe, il malato che desidera la morte (Gb 3 e 7); Giobbe affronta Dio (Gb 13 e 14); il problema posto dalla prosperità dei malvagi (Gb 21 e 24,1-17); Dio interpellato per l'ultima volta dal Giusto sofferente (Gb 29-31).

 

N. 16. Il libro dei Proverbi

è un insieme di più raccolte. Le più antiche risalgono all'epoca monarchica: contengono massime sapienziali destinate alla formazione culturale e pratica degli scribi del re. Questo sguardo penetrante sulla vita si è arricchito poco a poco di una riflessione religiosa influenzata dai profeti e dal Deuteronomio. Il raccoglitore finale (V o IV secolo) è interamente rivolto verso questa sapienza di tipo religioso che ha come origine la stessa Sapienza divina, poeticamente personificata. A suo tempo i Sapienti sono divenuti i custodi delle Scritture.

Letture. È possibile scegliere a caso sentenze piccanti e accurata­+mente cesellate nei cc. 10-29. Alcuni proverbi apparentemente misogini sono ridimensionati dall'elogio della donna modello (30, 10-31). Fra i discorsi del padre al figlio: l'invito alla sapienza (c. 4); la messa in guardia contro le donne seduttrici (6,20-7,27), a contrasto con la gioia coniugale (5,15-20). Il banchetto della Sapienza e quello della Stoltezza (9,1-6.13-18).

 

I cinque «Rotoli» - Costituiscono una raccolta destinata, in fondo, alla lettura durante le feste liturgiche. Al di fuori di questo non hanno fra loro nessun altro punto di contatto.

 

N. 17. Il libro di Rut

Graziosa « novella » che racconta la storia di una donna straniera, divenuta l'antenata del re David a motivo della sua incorporazione volontaria al popolo d'Israele. L'autore (forse del V sec.) intende protestare contro l'ombroso nazionalismo che precludeva l'ingresso nella comunità d'Israele agli stranieri di buona volontà, i « pro­seliti » convertiti, dei quali Rut è l'esempio.

Letture. Il libro è facile. Victor Hugo ne ha ricavato il suo poema: « Booz addormentato » (in La leggenda dei secoli).

 

N. 18. Il Cantico dei cantici –

Raccolta di canti d'amore, destinato forse alla celebrazione delle nozze. I suoi brani isolati, sfavillanti di poesia orientale, sono un dialogo fra il Fidanzato e la Fidanzata. Sogno quasi paradisiaco, dagli accenti profondamente umani: l'amore quale dovrebbe essere! Distaccato dai riti sessuali che lo sacralizzavano (oppure lo profanavano?) nel paganesimo contemporaneo, con tutta la schiettezza viene accettato qui nella prospettiva del dono reciproco.

Letture. Testo facile e seducente, purché il lettore non inciampi nella trappola dell'erotismo a buon mercato. Il libro è stato riletto in una prospettiva simbolica che faceva dell'amore umano la raffigurazione dell'amore mistico di Dio: trasposizione costante presso i mistici cristiani, che ha il suo punto di partenza nel profeta Osea.

 

N. 19. L'Ecclesiaste (o Qohelet)

Riflessioni disincantate di un « sapiente » (sec. IV o III) sui nonsensi della vita: un Jean-Paul Sartre (quello de La Nausea) che avrebbe mantenuto la fede in Dio, ma senza alcuna prospettiva sulla vita futura. La sua critica della sapienza ottimista è più radicale di quella di Giobbe. Ora, l'autore si nasconde sotto lo pseudonimo del re Salomone! (Ecclesiaste traduce letteralmente il vocabolo ebraico Qohelet: « l'uomo dell'assemblea »).

Letture. « Tutto è vanità » (Qo 1 ). Tirannia del tempo e della morte (Qo 3). Tutto è vano sotto il sole (Qo 9). La vecchiaia e la morte (Qo 12,1-8).

 

N. 20. Le Lamentazioni

Quattro poemi e una preghiera di supplica ispirati dalla distruzione di Gerusalemme, del Tempio e delle istituzioni nazionali (fra il 587 e il 538). Testi di un buon lirismo elegiaco, malgrado l'artificio della composizione « alfabetica » (ogni strofa inizia con una delle 22 lettere dell'alfabeto).

Letture. Libretto abbordabile. Imitazione francese nei cori dei Juifves, di Robert Garnier (sec. XVI).

 

N. 21. Ester –

Romanzo storico situato dall'autore all'epoca del re di Persia Serse I (486-464). Discreta conoscenza della società e dei costumi del tempo. Una Giudea, divenuta regina di Persia, salva il suo popolo dal primo pogrom fomentato da un nemico nazionale, Haman. Racconto soffuso di nazionalismo religioso.

Letture. L'intrigo, ben congegnato, non facilita una suddivisione, che sopprimerebbe gli effetti teatrali. Il tema è ben noto per merito della tragedia di Racine che s'ispira alla rielaborazione greca. Se ne ricaverebbe facilmente un film di tipo spettacolare.

 

N. 22. Daniele –

Libro posto artificiosamente sotto il patrocinio di un Giudeo vivente al tempo degli imperi babilonese e persiano (VI sec.). Edizione e composizione finale nel 164, al tempo della persecuzione di Antioco Epifane. Vi si intrecciano due generi letterari: racconti edificanti provenienti dalla comunità di Babilonia ed elaborati probabilmente nel III secolo; « apocalissi », o rivelazioni dei segreti divini attraverso sogni, visioni, o riflessioni sulle Scritture. Questa nuova forma letteraria, intessuta di simboli e imperniata sull'interpretazione religiosa della storia umana otterrà un grande successo in seno al Giudaismo intorno all'era cristiana. Qui presenta un messaggio di incoraggiamento per i Giudei perseguitati: è il Samizdat dell'epoca.

Letture. Tipo di racconto edificante: Daniele nella fossa dei leoni (c. 6: esortazione al martirio; Daniele personifica i Giudei perseguitati per la loro fede nel Dio unico). Tipo di rivelazione apocalittica: il sogno delle quattro bestie e del Figlio dell'uomo (c. 7: buon montaggio di simboli, ma la difficoltà per interpretarli esige una Bibbia con spiegazioni).

 

N. 23. Esdra-Neemia -

cfr. il libro seguente.

 

N. 24. Due Libri delle Cronache —

 Il « Cronista » è uno storico del IV secolo che, in 1 e 2 Cr, riprende e rimaneggia i dati di Samuele e di Re; poi, in Esdra e Neemia racconta la restaurazione del Giudaismo dopo l'Esilio. Si ritrovano in questi libri informazioni preziose, soprattutto per il periodo persiano. Ma si tratta di una storia a tesi: l'autore si propone di giustificare le istituzioni giudaiche così come erano in funzione nel suo tempo, sulla base del Pentateuco e delle tradizioni cultuali del Tempio.

 

I libri « deuterocanonici »

 

N. 25. Supplementi greci di Daniele —

Nell'antica versione greca (verso il 140 a.C.), Daniele è stato in parte ricomposto con dei completamenti lirici (preghiere del c. 3) e narrativi (racconti edificanti dei cc. 13-14). La storia di Susanna e dei vegliardi (c. 13), esaltazione della fedeltà coniugale, ha ispirato innumerevoli quadri ai pittori dell'epoca classica che vi hanno riscontrato un pretesto per studi di nudo (cfr. Rubens).

 

N. 26. Ester greco

 Rifacimento del romanzo ebraico, con complementi che ne accentuano notevolmente il carattere religioso: l'intervento provvidenziale di Dio che salva il suo popolo viene allacciato esplicitamente alla preghiera di Ester.

Letture. Cfr. i nuovi passi che sottolineano il significato religioso del libro: il sogno di Mardocheo e la sua spiegazione (aggiunta ai cc. 1 e 10), la preghiera di Ester (aggiunta al c. 4) imitata da Racine.

 

N. 27. Giuditta

Trasposizione romanzata della « guerra santa » che liberò il Giudaismo al tempo della persecuzione. Il coraggio della resistenza è personificato da una donna (Giuditta = la Giudea): mette in pericolo il proprio onore per salvare il suo popolo. Atmosfera di nazionalismo religioso integrale. L'originale ebraico (150 versetti) è stato perduto.

Letture. Il tema del romanzo si segue facilmente. Nabucodònosor, tipo dello Stato totalitario a livello politico e religioso: 2,1-13 e 3,1-10. Giuditta, emblema della resistenza spirituale: c. 9 (preghiera di Giuditta prima di affrontare il tiranno). Qui pure tutto è pronto per un film da grande spettacolo: ma il punto di vista del libro rischierebbe sicuramente di naufragare durante il percorso.

 

N. 28. Tobia –

Stupendo romanzo del III secolo, proveniente dalle comunità orientali. Lezioni di sapienza in forma di racconto. Esortazioni alla fedeltà religiosa e morale. Esaltazione del matrimonio conforme alla volontà di Dio. Sullo sfondo, la lotta invisibile fra il Cielo e l'Inferno: l'angelo Raffaele viene inviato quaggiù per esaudire le due preghiere del vecchio Tobit e della giovane Sara, grazie al matrimonio del giovane Tobia.

Letture. Testo facile. Si possono ricordare i capitoli che raccontano il matrimonio e la notte di nozze (cc. 7-8): ideale giudaico del matrimonio ormai monogamico, attento al rispetto mutuo e alla fedeltà degli sposi.

 

N. 29. Due Libri dei Maccabei –

Due opere storiche che parlano dello stesso periodo: la persecuzione del periodo greco, la resistenza giudaica e la riconquista dell'indipendenza. Giuda, detto « il Maccabeo » (= il Martello, fu il primo leader della resistenza armata. Il I Libro (fra il 130 e il 100) oscilla fra la storiografia greca e l'imitazione degli antichi racconti della guerra santa. L'autore è un sincero sostenitore della dinastia dei grandi sacerdoti Asmonei dei quali esalta le gesta. Il II Libro abbrevia, in greco, un'opera in Quattro libri composta un po' dopo il 160. Risente della « storia patetica», assai moralizzante, a volte infarcita di dettagli leggendari; ma fornisce anche valide informazioni.

Letture. L'esaltazione dei martiri (2 Mac 6,18 e 7,42: due casi tipici in racconti ove non si dovrà ricercare nessun rigore storico, ma solo esempi di carattere morale).

 

N. 30. Libro della Sapienza –

Posto sotto il patrocinio di Salomone, ma composto in greco ad Alessandria verso la fine del I secolo a.C., il libro presenta la sapienza giudaica tradizionale nel quadro della civiltà ellenistica, sia per incoraggiare la fede dei Giudei come pure per attrarre i pagani ben disposti. Vi si trova una riflessione sul destino parallelo dei giusti e dei peccatori (cc. 1-5), un'esaltazione dell'autentica sapienza della quale Dio è la sorgente (cc. 6-9), una meditazione sull'opera della Sapienza divina nella storia d'Israele (cc. 10-19).

Letture. La speranza della vita eterna nei giusti che muoiono (3,1-9 e 4,20-5,24: il problema dell'aldilà ora si è chiarito nella prospettiva del Giudizio finale di Dio alla fine della storia).

 

N. 31. Sapienza di Gesù figlio di Sira (o il Siracide)

Il nome di Ecclesiastico deriva dall'uso che ne fu fatto nella Chiesa antica per l'istruzione morale di coloro che si preparavano al battesimo. L'autore è un « maestro di sapienza » (cfr. i « maestri di filosofia » nella Grecia antica). Si professa e scrive in ebraico, a Gerusalemme, fra il 200 e il 180. La raccolta è la somma del suo insegnamento destinato a un vasto pubblico delle classi agiate e colte. Assiduo lettore di tutte le Scritture, egli ha fatto di tutto per elaborare una sapienza pratica abbastanza ottimista, aperta alla civiltà moderna ma attaccata alla santa tradizione, preoccupata delle virtù fondamentali fra le quali il senso sociale si distingue per la generosità nell'elemosina. Eccellente rappresentante della vita giudaica proprio prima della grande prova della persecuzione.

Letture. Sull'assistenza dei poveri: 4,1-10. Sul vero e il falso culto di Dio: 34,18 - 35,15 (la sua condizione è l'osservanza della giustizia sociale). Miserie dell'uomo: 40,1-11. Di fronte alla morte: 41,1-4. N.B.: L'autore non ha alcuna idea di un'altra vita dopo la morte.

 

N. 32. Libro di Baruc

Baruc, segretario di Geremia, è un prestanome per numerosi brani disparati: una confessione dei peccati, una meditazione sulla Sapienza divina, un invito alla speranza rivolto a Gerusalemme (4,1 - 5,9). Il com­plesso è seguito da una critica dell'idolatria attribuita artificiosamente a Geremia.

 

La letteratura giudaica extrabiblica

Al di fuori dei libri raccolti nella Bibbia, anche nella sua forma più ampia (Bibbia greca), il Giudaismo precristiano ha prodotto una letteratura abbastanza abbondante della quale restano alcune opere e frammenti più o meno lunghi: letteratura particolare dei gruppi pietisti e dei partiti religiosi, particolarmente degli Esseni di Qumran; apocalissi; interpretazioni delle Scritture (metodo chiamato midrash), raccolte a partire dal II secolo della nostra era; interpretazioni aramaiche delle Scritture fatte nelle riunioni sinagogali per i fedeli che non comprendevano più l'ebraico (sono i Targum messi in scritto a partire dal secondo secolo d.C.); sentenze dei dottori della legge (riunite insieme dopo la distruzione del Tempio del 70 d.C.). Il Giudaismo di lingua greca ha avuto storici, poeti, un filosofo di grande prestigio: Filone d'Alessandria, contemporaneo di Gesù. Non si dovrà dimenticare che gli autori del Nuovo Testamento potevano conoscere, al di fuori della Bibbia, alcune di queste opere e, più ancora, le tradizioni orali alle quali si richiamavano.

Incontro del Cardinal Vallini

L'audio dell'incontro tra l' Incontro del cardinale Vallini con gli operatori pastorali della parrocchia Sacri Cuori di Gesù e Maria:




Le foto dell'incontro: 

      
                                                                        
 


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